Una storia... di montagna - Gruppo Alpini Arcade


Associazione Nazionale Alpini


Vai ai contenuti

Una storia... di montagna

Tutte le edizioni > Edizione26
ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI
Sezione di Treviso e Gruppo di Arcade

PREMIO LETTERARIO
Parole Attorno al Fuoco
PREMIO NAZIONALE PER UN RACCONTO SUL TEMA

“La Montagna: le sue storie, le sue genti, i suoi soldati, i suoi problemi di ieri e di oggi”

XXVI EDIZIONE - Arcade, 13 Giugno 2021
Segnalato

Una storia... di montagna

 
di Angela Cafaro – Caprioli di Pisciotta (SA)
         


La montagna si stagliava nitida, in quel mattino di inizio settembre, con i netti contorni esaltati dallo sfondo soffuso e lieve dell'azzurro del cielo. Il maresciallo dei Carabinieri, Giuseppe Gentile, spalancò la finestra del suo ufficio, che dava sul paesaggio montano veneto, e come sempre si meravigliò dell'estrema bellezza di quei monti. Non si stancava di scalarne con gli occhi le pareti, di intuirne le gole, di penetrarne gli anfratti. Lui, meridionale, nato in una città di mare, sposato con una veneta, non sapeva nulla della montagna prima del matrimonio, ma, sin dall'inizio, l'infinita forza di quelle vette, altere e solitarie, lo aveva conquistato. Nei giorni liberi amava addentrarsi su quei silenziosi sentieri che portavano in alto anche il cuore e la mente per cogliere lo splendore della natura incontaminata. Nel suo lavoro vedeva, poi, la montagna come una cara amica sempre pronta a consolare e ad aiutare. Quante storie, pensava, poteva raccontare la montagna. Migliaia di storie.
Si allontanò dalla finestra, apri l'incarto del panino e fece per dare il primo morso quando il telefono squillò. Era così tutte le mattine al momento di mettere qualcosa nello stomaco. C'era chi voleva informazioni sulla multa da pagare, chi aveva perso il cane, addirittura chi voleva un carabiniere fisso nel proprio palazzo. Con pazienza richiuse la sua prima colazione e prese la cornetta.
"Caserma dei carabinieri, dica... Sì... da quando si è accorta che è scomparso? Da stamattina? Avete provato a cercarlo nel quartiere? Ah è già un'ora che lo cercate. Chi è lei, scusi? È la figlia? Sì... quanti anni ha suo padre? ottantanove? Bè non dovrebbe essere andato lontano... come dice? Ha ancora le gambe buone? Certo in questo caso... Signora mi dia il tempo di scrivere il nome... sia il suo che quello di suo padre... sì... indirizzo e numero di telefono... ecco... fatto. Bene... non si preoccupi, ci metteremo subito in caccia... scusi... a cercarlo per ogni dove. Stia tranquilla... ogni tanto succede che un anziano scompaia, ma in genere li ritroviamo sani e salvi... mi dica signora... di ieri sera ricorda qualcosa che potrebbe aiutarci? Ah... ha detto cosi... queste le ultime parole?... ripeta che le scrivo... sì... ma le deve tradurre in italiano... sa non sono veneto... allora... ha detto... sto scrivendo si... “l'ho pro-mes-so a Io-a-kim?” E lei conosce questo Ioakim? Mai sentito? Bene, spero di avere presto buone notizie".
Prese dalla scrivania il cappello della divisa e se lo aggiustò sulla testa.
"Antinori" chiamò a gran voce l'appuntato nell'altra stanza.
"Dica Maresciallo" rispose Antinori affrettandosi sulla porta.
"Lascia tutto, prendi i megafoni e andiamo. Un altro vecchietto si è smarrito. Ogni tanto se ne perde uno. Perché non li tengono d'occhio è un mistero. Avverti anche gli altri che sono già fuori, qui ho scritto la zona da dove è scomparso. Eliakim... chi sarà? boh.
Le auto di servizio dei Carabinieri incominciarono a girare per ritrovare il disperso. Più tardi il maresciallo chiamò i Vigili del fuoco e la Guardia forestale. Perlustrarono tutto intorno la zona dove l'anziano abitava ed entrarono in ogni negozio per chiedere informazioni. Si diressero poi alla stazione degli autobus, di cui, a quanto gli era stato riferito, si serviva spesso per visitare i paesi vicini. A volte prolungava il suo giro fino a Treviso, la città dove aveva lavorato, e se ne ritornava con il primo autobus disponibile. Insomma gli piaceva girare e questo era un buon segno, in quanto poteva essere che si fosse allontanato e non aveva trovato un mezzo per tornare. Almeno così il maresciallo pensò di dire alla figlia per rassicurarla. Dopo che ebbero perlustrato un piccolo bosco fuori dal centro abitato erano ormai quasi le quattro del pomeriggio e del vecchietto nessuna traccia.
Il maresciallo tornò con l'appuntato in caserma e, dato che non aveva mangiato nulla dalla sera prima, si sedette e riprese tra le mani il suo panino. Ebbe soltanto il tempo di guardarlo e lo richiuse definitivamente nel primo tiretto della scrivania. Un uomo anziano, claudicante, che si aiutava con un bastone, era entrato in ufficio.
"Buongiorno maresciallo" salutò con una voce ancora giovanile.
"Buongiorno, signore. Prego, si accomodi e mi dica".
"Mi chiamo Aurelio Scarpa, ho saputo ora che un mio caro amico è scomparso. Io abito in un paese vicino, non sono stato bene e non lo vedo da quasi un mese".
"Se il suo amico è Antonino Vironi, si, purtroppo è sparito, non sappiamo da quando perché sua figlia solo stamattina se ne è accorta".
Il signor Scarpa si passò una mano sul viso e chiuse per un momento gli occhi dolorosamente. Intanto il maresciallo gli riferì quanto sapeva e dei giri che avevano fatto senza esito alcuno. Poi gli domandò: "Che lei sappia il signor Vironi ha qualche problema di... lucidità mentale?"
"Assolutamente no. È sano di mente" rispose l'anziano un po’ perplesso.
"Conosce un certo Ioakim?".
L'anziano signore si riscosse dal suo torpore e ritrovando un po' di vigore chiese:
"Mi scusi, maresciallo, ma lei dove ha sentito questo nome?".
"Lo ha pronunciato lui stesso. Sembra che, ieri sera, dopo aver detto alla figlia di non preoccuparsi abbia aggiunto «L'ho promesso a Ioakim». Non in italiano ma in dialetto veneto. Questo è tutto. Lei sa per caso chi è questo Ioakim? Abbiamo chiesto in giro ma nessuno ne sa niente, tantomeno la figlia".
L'anziano signore si raddrizzò sulla sedia e un serafico sorriso gli illuminò il viso. Il maresciallo pensò che sarebbe stato un giorno molto lungo per il suo stomaco. Quando il signor Scarpa parlò non rispose alla domanda.
"Non le sembri strano quello che le chiederò, le assicuro che se è come penso lo troveremo nel giro di una mezz'ora. Dovrebbe, maresciallo, chiamare il 7° reggimento alpini, la caserma D'Angelo, per chiedere se manca uno dei muli nelle stalle".
"Cosa? Uno dei muli degli Alpini?"
"Sì, uno degli ultimi muli degli Alpini. Il mulo per l'Alpino è stato compagno fedele di vita. Purtroppo le condizioni per mantenerli sembra non vi siano più e tra qualche giorno saranno messi all'asta". "Mi perdoni, ma come c'entra una cosa con l'altra?"
"Si fidi di me, chiami la caserma e domandi se manca un mulo".
Il maresciallo prese la rubrica e formò il numero. Dall'altra parte, dopo un primo momento di stupore, si andò a controllare. Nell'ufficio dei Carabinieri, silenziosamente, si attese la risposta. Il telefono squillò. Il maresciallo, guardando stupito il signor Scarpa disse:
"Ne manca uno".
"Allora non abbiamo tempo da perdere, dobbiamo andare" e il signor Scarpa uscì dall'ufficio zoppicando ma con le ali ai piedi, seguito dal maresciallo, il quale chiese ad Antinori di chiamarlo per qualsiasi novità.
Una volta sulla macchina il vecchio Scarpa prese dalla tasca un fazzoletto di stoffa e, discretamente, si asciugò gli occhi, al comandante disse di dirigersi ai piedi dei monti, appena fuori dal paese. Il silenzio, nel quale si svolse il tragitto, non era d'imbarazzo, semmai di quel rispetto umano che nasce talvolta tra persone che, senza conoscersi, si immedesimano l'una nell'altra e l'indulgenza che mostrano parte dalla consapevolezza delle proprie debolezze. Il tutore della legge, vedendo la commozione dell'anziano, pensava alla fragilità della vecchiaia. Il signor Scarpa doveva essere stato un uomo forte, ma ora si sentiva debole e impotente; d'altra parte il vecchio Scarpa avvertiva dentro di sé tutto ciò che provava il suo caro amico, sentimenti ed emozioni comuni alla sua generazione, la quale aveva vissuto delle esperienze drammatiche, che non potevano essere compresi da nessun altro se non da coloro che li avevano condivisi.
Il maresciallo chiamò una delle pattuglie indicandogli dove si stava dirigendo, incominciando a temere il peggio.
Uscirono fuori dal centro abitato. Era quasi il tramonto e la montagna si delineava sopra lo sfondo rossastro del sole calante. L'auto dava l'impressione di una formica, dinanzi all'imponenza del paesaggio montano. Nulla degli affanni degli uomini sembrava scalfire quei monti. Essi si ergevano come a ricordare il perenne anelito degli esseri umani a qualcosa di più alto, di più grande, di più lontano del proprio piccolo e terreno orizzonte. Era questo che il maresciallo, digiuno dalla sera prima, pensava mentre si avvicinavano a quei luoghi che avrebbero, ne era sicuro, svelato il mistero di quei due vecchi cuori.
Giunsero finalmente ai piedi del monte indicato dal signor Scarpa e scesero dalla macchina.
"Vede quell'anfratto che spezza la linea della montagna?" chiese l'anziano "Ecco lì c'è una caverna. Deve essere dentro".
"Conosco questi luoghi" fece il maresciallo e tirando improvvisamente un sospiro di sollievo gli porse il binocolo "lei ha ragione vede? È uscito il mulo e dietro c'è il signor Vironi".
E un bell' animale grigio dalle zampe solide si mise a brucare l'erba intorno alla grotta mentre il vecchio lo accarezzava sul dorso.
"Sani e salvi tutti e due, ringraziando il cielo" mormorò l'amico commosso.
Tre auto si fermarono accanto a loro: la pattuglia dei Carabinieri chiamata dal maresciallo, quella dei Vigili del fuoco e l'altra della Guardia forestale.
"Tutti qua, signor Scarpa, vede quanta mobilitazione?" disse sorridendo il maresciallo.
"Non c'è che da ringraziare".
"Nostro dovere, signore" rispose il capo dei vigili facendosi avanti insieme agli altri, i quali salutarono avendo gli occhi puntati sulla montagna.
"Il merito è tutto del signor Scarpa" disse il maresciallo.
"Ma come avrà fatto un vecchietto di ottantanove anni ad arrivare lassù?" chiese meravigliato un giovane forestale.
"Bene, è ora di chiudere la faccenda, due uomini vadano su e riportino qui tutti e due" ordinò risoluto il maresciallo.
"Possono andare Zigoti e Rinaldi se le va bene" propose il capo dei vigili.
"Benissimo. Presto, prima che faccia notte".
E gli uomini incominciarono a muoversi. I due che dovevano recuperare lo scomparso presero alcune funi e una pila dall'auto, mentre gli altri prepararono una coperta, acqua e biscotti. Il maresciallo aprì la portiera dell'auto e stava per invitare il suo anziano ospite a salire, quando una voce autorevole e decisa costrinse tutti a fermarsi e a prestare attenzione.
"Un momento" disse quella voce che proveniva dal signor Scarpa, il quale disegnava con il bastone dei piccoli buchi mentre avanzava tenendo eretta la persona e alta la testa.
"Un momento. Immagino che ora vogliate in fretta andare a recuperare il vecchio demente. Bè, ringraziandovi per aver fatto con competenza e pazienza il vostro dovere, il che, credetemi, è lodevole, vorrei presentare a voi quel vecchio e anche me stesso. Lassù vi è il tenente Antonino Vironi ed io sono il capitano Aurelio Scarpa, ambedue del Corpo degli Alpini. Insieme abbiamo combattuto nella seconda guerra mondiale. Quando le nostre file si sono sciolte, siamo entrati nella Resistenza. Conosciamo bene questi monti ed essi conoscono noi. Si diventa vecchi, caro maresciallo, ma non si smette di essere uomini. Uomini capite? Esseri umani che pensano, che amano, che agiscono. Noi alpini abbiamo sempre avuto i nostri muli. Quello della nostra compagnia si chiamava Ioakim. Da qualche anno andavamo, Antonino ed io, a visitare gli ultimi muli degli alpini nella caserma D'Angelo. Uno tra questi aveva il manto uguale a quello di Ioakim, così lo battezzammo con questo nome. Andavamo spesso a trovarlo. Qualche mese fa sapemmo che sarebbero stati messi all'asta. Nel periodo in cui non ci siamo visti Antonino deve aver preso questa decisione per salvare Ioakim dal macello. Ha camminato tutta la notte. Il sergente Vironi non è un vecchio demente, ma un uomo che sta combattendo la sua ultima battaglia".
Un rispettoso silenzio seguì quelle parole, poi il maresciallo fece un passo avanti e, ponendo la mano destra sulla fronte, disse solennemente:
"Capitano Scarpa, siamo ai suoi ordini".
Tutti avanzarono eseguendo il saluto d'ordinanza.
"Grazie" disse con dignità il capitano "mi sembra abbiate un megafono. Vi prego di portarmelo". Prese il megafono e, voltandosi verso la montagna, urlò:
"Tenente Vironi, è il capitano Scarpa che le parla. La sua azione è stata scoperta. Deve scendere e consegnarsi alle autorità. Le manderemo due uomini per aiutarla".
Il maresciallo fece cenno ai due vigili del fuoco, già preparati a salire, di andare e, preso dalla macchina un secondo megafono, glielo porse. Intanto il capitano Scarpa diede istruzioni su come salire prendendo una mulattiera su uno dei fianchi della montagna. Iniziò la scalata.
"Vede maresciallo la difficoltà dell'uomo ad inerpicarsi? Per non parlare della fatica che ci vuole e del tempo impiegato. Qualcuno prima ha domandato come un vecchio si sia potuto arrampicare" il giovane che lo aveva chiesto si avvicinò "il tenente è salito in groppa al mulo, dove i mezzi non possono arrivare, il mulo cammina piano, ma senza fermarsi, portando qualsiasi peso".
Aiutandosi l'un l'altro, Zigoti e Rinaldi, i quali erano due vigili del fuoco molto esperti di situazioni critiche, arrivarono dove il tenente era seduto, davanti alla caverna.
Al capitano venne dato un binocolo ed egli poté constatare come le due parti, quella debole e quella più forte, si incontravano nel rispetto reciproco al punto che, in realtà, gli sarebbe stato difficile stabilire, delle due diverse generazioni, quale fosse la debole e quale la forte.
Dopo il breve ma fraterno dialogo, uno dei vigili diede il megafono all'anziano Vironi.
"Capitano, sapevo di poter contare su di lei. Mi fa piacere che stia meglio. Certo che scenderò con Ioakim dalla montagna, ma ad una condizione: gli ultimi muli degli alpini non devono essere macellati. In caso contrario, Joakim ed io, non ci muoveremo di qua. Aspetto la vostra decisione". Il maresciallo si mise in comunicazione con la caserma degli alpini e questi, commossi dal gesto del loro vecchio commilitone, decisero che i muli sarebbero stati venduti a persone che ne avessero garantito l'assistenza fino alla morte.
Il maresciallo prese il megafono:
"Tenente, è il maresciallo Gentile della caserma dei Carabinieri che le parla. Abbiamo appena contattato la caserma degli Alpini e ci hanno assicurato che sarà come lei ha detto, inoltre la salutano e l'aspettano. Hanno detto anche che lei ha lasciato nella stalla una somma sufficiente a comprare un mulo, quindi non ha commesso nessun reato".
Il tenente, in groppa al mulo, e i due vigili, uno avanti e l'altro dietro, incominciarono a scendere dalla fiancata della montagna. Ioakim avanzava e sembrava che le sue zampe conoscessero del terreno ogni pietra, ogni incavo, ogni asperità. Dalla valle, gli uomini guardavano con ammirazione. Quando il tenente e i due vigili furono giunti ai piedi del monte, il maresciallo, il capitano e gli altri si mossero come un solo uomo e si schierarono su due file, sull'attenti, nel saluto militare. Il vecchio soldato passò nel mezzo, fiero e grato, portando la mano alla fronte e, un po' stupito, ricambiava gli sguardi. Tutti salutarono il tenente sentendosi come investiti da una carica di vitalità che veniva da lontano, da tempi difficili eppure possibili da affrontare, dato che quegli uomini, ora vecchi, li avevano vissuti. Tutti salutarono l'alpino e, con lui, quelle generazioni di uomini che avevano saputo scalare le montagne del coraggio, della responsabilità, del dovere, della giustizia sociale.
Tutti salutarono il vecchio soldato sul dorso del mulo, immagine di un mondo e di un tempo conclusi e, proprio per questo, capaci di insegnare molto a chi volesse imparare.
Tutti si sentirono uomini migliori.
La montagna aveva raccontato una delle sue storie.
 
Il 7 settembre del 1993 gli ultimi muli degli Alpini vennero venduti all'asta. Erano 24. Tutti, tranne uno, furono salvati dalla macellazione.
Torna ai contenuti