Un refolo di vento
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ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI
Sezione di Treviso e Gruppo di Arcade
PREMIO LETTERARIO
Parole Attorno al Fuoco
PREMIO NAZIONALE PER UN RACCONTO SUL TEMA
“La Montagna: le sue storie, le sue genti, i suoi soldati, i suoi problemi di ieri e di oggi”XIV EDIZIONE - Arcade, 5 gennaio 2009
Segnalato
Un refolo di vento
di Mauro Caneparo - San Nazzaro Sesia (CO)
Era una notte di fine maggio, calma e tiepida come le precedenti. Da diversi giorni sembrava essere calata sul fronte una sonnolenza ovattata, interrotta solo in rari momenti da fugaci e quasi inopportuni colpi d’arma da fuoco. Quella notte di fine maggio del ‘17, due squadre di sabotatori erano uscite dalle nostre trincee per far saltare i reticolati nemici che sbarravano verso nord lo sbocco della valle della Rienza, appena prima del vallone che porta alla piana del lago di Landro. Io facevo parte della seconda squadra. Avanzavamo con la massima cautela, strisciando tra erba e rocce senza fare il minimo rumore, appesantiti dagli zaini pieni di esplosivo. Improvvisamente il buio della notte scomparve in una luminosa cascata di razzi illuminanti. Il silenzio notturno fu interrotto dal crepitio di mitragliatrici, seguito in breve dai colpi d’artiglieria verso le nostre linee, ma soprattutto contro di noi. Nel bagliore fulmineo delle esplosioni vidi in lontananza il corpo di un compagno volare in aria, completamente disgregato. Mi appiattii a terra il più possibile, quasi a voler penetrare negli anfratti di quelle rocce e presi a tremare. Pensai per un istante a quel ragazzo che non avrebbe mai avuto una tomba sulla quale pregare o portare fiori, e presi a maledire tutto e tutti, terra e cielo compresi. Cercammo di rientrare verso le nostre trincee, mentre il fuoco si faceva sempre più intenso... …e vidi un altro corpo spandersi intorno, brandelli a sbattere contro le rocce, penetrare tra le loro fessure, come a spargere manciate di riso in primavera nelle nostre risaie appena allagate. Vidi la piastrina di riconoscimento volare lontano ed incastrarsi tra alcuni massi... …era la mia. Ora è tutto finito. Su quel lembo di terra insanguinato stanno recuperando morti e feriti, gli altri verranno dichiarati “dispersi”. Ma, ma io sono presente, anche mentre il comandante sta facendo l’appello, mentre ritira le piastrine dei caduti... la mia... la mia signor Capitano è là sotto quei sassi... mandi qualcuno a prenderla... Mi avvicino e lo trattengo per un braccio, ma... ma egli non mi sente e non mi vede. Disperso... disperso sta scrivendo accanto al mio nome. Ma io sono qui! Grido..., o forse, credo di gridare. Sì, sono qui come potrei essere in qualunque altro posto. Che sia questo l’aldilà? Ma che senso avrebbe essere ancora in mezzo ai vivi se questi né mi sentono e né mi vedono? E tutti gli altri che sono morti dovrebbero essere con me, invece non c’è nessuno. Lo specchio non mi riflette ed al sole non ho ombra. Sono semplicemente diventato uno spirito! Invano cerco di recuperare la mia piastrina da sotto quei massi: le mie mani altro non sono che un leggerissimo alito di vento che s’insinua nelle cavità delle rocce. E come un leggero soffio di vento posso tornare al mio paese, entrare nella mia casa, avvolgere di abbracci mia moglie ed il figlio nato pochi mesi prima della mia partenza per il fronte. Non posso fare altro: anche per gli affetti più cari non esisto più.“Neppure una tomba su cui pregare...” mormora tra le lacrime mia moglie mentre le comunicano che io sono “disperso” sui monti sopra Misurina. Poi guarda intorno, per un brevissimo istante i nostri occhi s’incontrano... “Le anime dei morti insepolti vagano alla ricerca di pace...” La mia piastrina! Ecco, basterebbe recuperare la mia piastrina e troverei la pace! Per voi viventi sono trascorsi molti anni; mia moglie mi è passata accanto per un breve istante ma senza fermarsi. Anche mio figlio è invecchiato, così come suo figlio, cioè mio nipote, cui è stato dato il mio nome. Ho seguito mio nipote Carlo fin dai suoi primi giorni di vita; mi sono intrufolato nei suoi sentimenti cercando di arrivare ai suoi pensieri. Carlo è un uomo estremamente sensibile, un autentico animo nobile. Forse la mia impalpabile presenza ed il continuo sussurro l’hanno condotto ad interessi che un tempo erano miei. Tra i miei vecchi libri ha ritrovato gli appunti degli studi sulla storia e le origini della nostra famiglia e subito se ne è appassionato. Sta svolgendo approfondite ricerche nei vari archivi parrocchiali, comunali e statali ma, soprattutto, sta tentando di ricostruire la storia di quel suo nonno Carlo “disperso” nella Grande Guerra. Io gli sono talmente accanto che a volte ho la sensazione che egli mi “senta”. La sua anima in certi istanti vibra all’unisono con la mia diafana presenza ed in quei momenti divento parte di essa. Dagli archivi del Reggimento è riuscito a ricomporre il mio ultimo periodo di vita. Vuole trovare il luogo nel quale sono stato dichiarato “disperso”, ed in questi ultimi tempi la sua ricerca si è fatta addirittura frenetica. Sulle mappe dei sentieri e sulle carte militari ha segnato alcune zone per svolgere poi le indagini sul campo. Ovviamente c’è anche la valle della Rienza. Assieme alla moglie ha preso alloggio a Misurina ed ha subito raggiunto i luoghi prescelti. Io lo guido agendo sui suoi sentimenti, penetrando addirittura nei suoi sogni. Ora è qui, sotto la mole imponente delle Tre Cime di Lavaredo, nella valle della Rienza. Si sta aggirando tra i resti delle nostre trincee… poi si sposta verso nord e guarda intorno. “Qualcosa dentro mi suggerisce che siamo esattamente sul posto cercato.” Accenna alla moglie con crescente emozione. Certo che il posto è questo! Io ti ho guidato fin quassù! Ma ora, ora guarda tra quei massi, appena sotto s’intravede un minimo di luccichio della mia piastrina... abbassati... non puoi non vederla. Niente! Sta fotografando tranquillamente tutt’intorno. Ma no! Non è possibile! Lo prendo per le spalle, gli premo sul collo, gli scompiglio i capelli, m’insinuo negli occhi, nel naso nelle orecchie, dappertutto insomma… e lui... nulla! Non è possibile! Urlo come un vento rabbioso... ed ecco, ecco che la macchina fotografica gli sfugge dalle mani cadendo a terra, proprio vicino alla fessura nella quale è celata la mia piastrina di riconoscimento. “Cos’è successo?” Gli domanda la moglie. “Nulla cara, nulla, solo un’improvvisa folata di vento sul volto che per un istante mi ha sbilanciato.” Carlo si abbassa per raccogliere la macchina fotografica e... ed allungando lo sguardo verso l’anfratto... finalmente!“Guarda cos’ho trovato qui sotto!” Dice alla moglie mentre la mia piastrina è già tra le sue mani. “Ma questa... questa è una piastrina di riconoscimento di un soldato... così ammaccata...” Carlo ha tra le mani il piccolo involucro metallico, e sta tentando di aprirlo. Dai, forza, è lo scrigno che contiene un immenso tesoro... la mia pace. Ecco, ora sta stendendo delicatamente la strisciolina di carta e... “Si legge appena... è molto sbiadito... Carlo Nol... classe 1888, nato a Pavia il 17 Mag... 1888... “Il nonno! Il nonno!” Grida abbracciando la moglie. “Il nonno è morto proprio qui! Queste rocce sono la sua tomba!” Carlo sta piangendo. Lo abbraccio, gli asciugo quelle lacrime che sono anche mie, poi gli passo una mano tra i capelli per quella che so essere l’ultima carezza. “... è come se qualcuno mi stesse abbracciando, asciugando le lacrime, addirittura passando una mano tra i capelli con una tenera carezza...” sussurra Carlo. “Sei sempre il solito sognatore... non è che un refolo di vento che si sta allontanando.”