Segnalato 3 29 - Gruppo Alpini Arcade


Associazione Nazionale Alpini


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Segnalato 3 29

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI
Sezione di Treviso e Gruppo di Arcade

PREMIO LETTERARIO
Parole Attorno al Fuoco
PREMIO NAZIONALE PER UN RACCONTO SUL TEMA

“La Montagna:  le sue genti, le storie di ieri e di oggi”

XXVIII EDIZIONE Arcade, 5 gennaio 2023
Segnalato

 

L’ULTIMO PARADISO
di Caneparo Mauro
San Nazzaro Sesia (NO)

 
Non è facile descrivere l’espressione del volto del vecchio Bernardo quando vide sua nipote Giulia in lontananza. La ragazza stava seduta su una delle due panche di pietra situate ai lati della porta della bottega di generi alimentari. Con lei c’era Giustina, la titolare del negozio, e si capiva che stavano discorrendo con tranquillità. Avevano la schiena appoggiata al muro della casa e le gambe distese tipiche di chi si sta rilassando.
 Mentre si stava avvicinando, Giulia lo vide e gli corse incontro.
 - Nonno, nonno! – Gridò abbracciandolo.
 - Che bella sorpresa! Sei fuggita dalla civiltà per incontrare l’uomo delle caverne?
 - Sì mio vecchio cavernicolo. Verrò a vivere con te per qualche tempo.
 - Cos’ è? Vuoi fare una vacanza all’ alpe come quand’ eri piccola? Ma tua madre lo sa?
 - Certo che lo sa. Verrò su da te perché devo trovare la giusta tranquillità. Sto preparando la mia tesi di laurea in ricerca storica.
 - La tesi di laurea all’ alpe? Ne sei sicura?
 - Sicurissima. Quando saremo su ti racconterò tutto per bene.
 - Dammi il tempo di scaricare tome e formaggi dell’ultimo mese e fare rifornimento. Anzi, dovrò aumentare le scorte visto che per un po’ saremo in due. Quanto tempo conti di fermarti?
 - Non lo so. Devo mettere insieme tutto il materiale che ho preparato in diversi mesi di ricerche. Come vedi ho con me due zaini. Uno è pieno di carte e documenti.
 - Meno male che c’è il vecchio Monsi, il mulo. Questa volta sarà più carico del solito. Dai adesso porto i formaggi a Giustina e mi faccio dare quel che serve. Poi, abbi pazienza, ma devo fare un salto in biblioteca per restituire i libri della volta scorsa e farmene dare di nuovi.
 - Bravo nonno! Non hai perso l’abitudine di leggere.
 - La sera, come sempre, dedico parte del tempo alla lettura. Così la mente resta allenata ed evito di rincretinire prima del dovuto.
 Nel frattempo Giustina si era avvicinata ai due.
 - Ti aiuto a scaricare? – Chiese a Bernardo.
 - Sì grazie. Questa volta ho anche due contenitori di primo sale e ricotta. Preparati giusto ieri.
 Quando la donna trasse il recipiente con la ricotta, alzò il coperchio e annusò.
 - Senti che profumo di capra! Questo è il nettare degli dei! Eh, come te Bernardo non c’è nessuno. Peccato che sei rimasto l’ultimo alpigiano come quelli di una volta. Lassù la montagna sta riprendendo quello che i vecchi le avevano tolto.
 - Da me non ancora! Io e lei ci aiutiamo a vicenda. Dai Giustina, prepara il solito ed aggiungi qualcosa in più. Chiedi a mia nipote cosa vuole d’altro. Adesso vado da Alfonso in biblioteca.
 - Posso venire con te? – Domandò Giulia.
 - Sì. Magari mi suggerisci qualche titolo che non conosco.
 Giulia prese sottobraccio il nonno e s’incamminarono verso la biblioteca situata in un vecchio edificio nel centro del paese. Alfonso, il bibliotecario, aspettava Bernardo come al solito, il primo venerdì di ogni mese. Era un tacito appuntamento che univa i due da decenni. Consegnati i libri presi in carico la volta precedente, Bernardo diede un’occhiata allo schedario. Poi si rivolse a sua nipote:
 - Cosa mi consigli?
 - Sai che a me interessano quelli di storia.
 - No. La storia non ha insegnato nulla. Quando partii nel quarantuno ero un ragazzo. Sono tornato vecchio.
E fortuna che sono tornato. Le guerre continuano sempre dappertutto.
 - Ma ci sono testi di storia che non trattano di guerre. Evoluzione di pensiero, di ambiente, di vita.
 - Troppo difficile per un ignorante come me. A me interessano romanzi puliti, magari ambientati in montagna e che non siano né gialli né neri. Roba che si legge con serenità, senza inutili affanni.
 - Hai ragione nonno, ti capisco.
 - Questo vuol dire che sei veramente mia nipote.
 Messi i libri scelti nello zaino, tornarono da Giustina. Nel frattempo ella aveva preparato le solite provviste che prendeva Bernardo per campare lassù un mese intero. Giulia scelse poche altre cose, affidò a Giustina le chiavi della macchina e s’incamminarono verso l’alpe Granda che distava circa quattro ore di cammino. Con passo tranquillo, seguiti da Monsi, il mulo carico del solito basto cui si erano aggiunti gli zaini di Giulia, arrivarono          all’ alpeggio a pomeriggio inoltrato. Appena usciti dai radi alberi del bosco, vennero raggiunti da Previ, il cane pastore di Bernardo, che abbaiando si avvicinò a Giulia. Lei lo accarezzò in testa.
- Non ti ricordi di me? Sono Giulia, la nipotina.
Il cane le annusò gli scarponi e si affiancò a Bernardo scodinzolando.
- Stasera si festeggia. Per te un bel pezzo di salame. – Disse passandogli una mano su un fianco.
Giunti alle tre costruzioni che costituivano l’alpe di Bernardo, Giulia si guardò intorno. Era tutto ordinato e pulito e sotto una grande balma il nonno aveva ricavato la legnaia e la stalla per il gregge di capre. Si stupì vedendo che sul tetto di una casera erano installati i pannelli del fotovoltaico.
- Ma come hai fatto a piazzare quassù il fotovoltaico? – Domandò.
- Hanno provveduto quelli di una società che opera in quel settore. Con un paio di viaggi dell’elicottero hanno portato qui il materiale ed in tre giorni mi hanno consegnato l’impianto funzionante. È molto comodo perché ai pannelli sono collegati dei grossi accumulatori che mi consentono di disporre di corrente anche col buio.
- Ti sarà costato una bella cifra.
- Il denaro non mi manca. Della mia pensione non tocco un euro e quindi con parte del mio conto in banca ho potuto pagare l’impianto. Spese per il vitto non ne ho perché hai visto anche tu che con Giustina si opera il baratto come si faceva un tempo.
- Bravo nonno. Allora non sei l’orso come ti definisci.
- Invece sì. In estate, quando la valle si riempie di turisti, spesso di qui passano degli escursionisti troppo curiosi. Vogliono sapere come e perché vivo quassù tutto l’anno. Così nel periodo estivo chiudo tutto e mi sposto all’ alpe Torva. Di lì non passa nessuno perché è fuori da ogni via escursionistica.
- Ci sarà pure un sentiero, no?
- Nessun sentiero. Devi saperti orientare. Lassù è rimasta solo la mia baita. Le poche altre che formavano l’alpeggio sono crollate da tempo perché abbandonate. Sai come ho chiamato quel posto? L’ultimo paradiso. Adesso vediamo di trovare una sistemazione per te.
- Io non ho problemi. Sono abituata a passare le vacanze in campeggio con la tenda. Siamo un gruppetto di studenti dell’università che si accontentano di poco.
- Brava Giulia. Tutta tuo nonno orso.
Bernardo aveva messo a disposizione della nipote la stanza che teneva per eventuali ospiti della famiglia. Aveva sempre sperato che sua figlia ed il marito decidessero di passare qualche tempo con lui e la moglie lì all’ alpe. Invece solo Giulia aveva trascorso dei giorni con i nonni negli anni addietro. I genitori la portavano al paese il primo venerdì del mese e tornavano a riprenderla il primo venerdì del mese successivo. Giusto il tempo per riabbracciare il vecchio padre e suocero. Loro preferivano restare a Torino o andare in vacanza chissà dove. Poi, da qualche anno, Bernardo era rimasto solo perché sua moglie Virginia era passata dall’altra parte.
 
Giulia vuotò lo zaino di libri e documenti disponendo il tutto sul grande tavolo che il nonno le aveva portato perché le fosse più agevole il lavoro. Cenarono discorrendo di tante cose poi Giulia andò a dormire perché la giornata era stata molto pesante. In particolare la salita all’alpe.
 
L’indomani, quando si svegliò al nuovo giorno, per un istante si sentì confusa. Aveva dormito profondamente     nell’ assoluta quiete che regnava intorno. Si accorse che il sole era già alto e che il nonno non era in casa.
Guardò fuori dalla finestra e lo vide intento a trafficare con la legna sotto la balma.
 - Buongiorno nonno! – Esclamò.
 Bernardo si voltò: - Buongiorno a te mia piccola dormigliona. Se vuoi fare colazione, vai in cucina e prendi quello che vuoi. Io devo finire di sistemare la legna.
 Giulia entrò in cucina e trovò di tutto sulla tavola. Pane di segale, vasetti di marmellata fatta dal nonno, burro e bocconcini di formaggio. Rimase senza parole. Così com’era, in pigiama, corse fuori ad abbracciarlo.
 - Sei un tesoro, nonnino! Le tue marmellate le ricordo da quand’ero piccola.
 - Ho imparato da tua nonna Virginia. Sono fatte coi frutti di bosco che trovi in gran quantità qui intorno. Dai, vai a vestirti che poi devi lavorare sulle tue carte prima di pranzo.
 Da quel giorno, Giulia si buttò a capofitto nella preparazione della tesi in ricerca storica, Man mano che la scriveva, raccontava al nonno i vari passaggi. Egli ascoltava interessato le spiegazioni della nipote, visto che lo studio riguardava la sua valle, la valle Sesia durante il periodo napoleonico. La sua curiosità era rivolta al fatto che il fiume segnasse il confine tra il dipartimento della Sesia e quello dell’Agogna, cioè tra l’impero francese ed il regno d’Italia. Scoprì con stupore quali difficoltà avevano gli antenati della valle per attraversare i ponti sul fiume. Erano genti che lavoravano terre su entrambe le rive da sempre e senza alcun impedimento. In quel periodo invece i ponti segnavano il confine tra i due stati, con tanto di milizie che ne controllavano il passaggio. Che poi a Bernardo pareva impossibile che vi fosse un confine tra due stati appartenenti allo stesso uomo, quel tal Napoleone di chiara fama.
 Giulia riusciva a dare risposte a tutte le domande che il nonno le rivolgeva. Così facendo si accorse che egli era sempre molto attento e presente in ogni momento. Lo vedeva lavorare con sicurezza ed entusiasmo, forte dell’esperienza di una vita e con una vitalità da far invidia ad un giovane. E pensare che, essendo del ventuno, aveva ottantotto anni. Non solo, ma era un vecchio alpino della Cuneense, sopravvissuto alla tragica campagna di Russia e poi ai cruenti scontri come partigiano nelle proprie vallate della Valsesia. Il nonno però, non voleva mai parlare di quei giorni. E Giulia ne rispettava la volontà.
 Più i giorni passavano e più la ragazza capiva i suoi sentimenti. La vita tra i monti, il contatto con la natura, il senso della libertà, la scelta di decidere di sé stessi. Ripensò a quanto sua madre le aveva raccomandato prima di partire, cioè di far capire al nonno che era ormai giunto il tempo di abbandonare quella vita ed appoggiarsi a qualcuno di fiducia. Nella loro grande casa a Torino, c’era tanto spazio per lui. Non avrebbe più dovuto pensare a nulla, solo a stare bene e godere della loro compagnia. Non parlava ovviamente di un ricovero per anziani, ma dell’ambiente famigliare della propria figlia.
 Però, vedendo come il nonno si comportava e la tempra che lo sorreggeva, decise di non dirgli nulla. Portare quell’uomo in un appartamento in città equivaleva a privarlo della libertà di cui aveva sempre goduto, togliergli la capacità di guardare i grandi spazi delle sue montagne, il contatto diretto con la natura e le sue stagioni. Voleva dire farlo morire di nostalgia. Di certo il nonno non avrebbe mai accettato quella proposta.
 Più passavano i giorni e più Giulia si sentiva parte di quel luogo. Non rimpiangeva la città ma pensava a terminare la stesura della tesi per decidere poi sul suo futuro. Magari a redigere le sue ricerche nell’oasi incantata dell’alpe Granda accanto a quel grande vecchio del nonno.
 Così un giorno gli disse che le sarebbe piaciuto andare a vedere quello che lui definiva “l’ultimo paradiso”, quella baita fuori dal mondo e dal tempo, ad un palmo dall’immensità del cielo. Il nonno fu ben lieto della curiosità della nipote e le promise che al più presto sarebbero andati lassù, così ne avrebbe approfittato per controllare lo stato della baita prima di trasferirsi, come ogni anno, durante la stagione dei vacanzieri.
 All’alba di una splendida giornata i due s’incamminarono verso l’alto alpeggio. Negli zaini quel che bastava per tirare fino a sera. Per salire all’alpe Torva occorrevano circa tre ore con un buon passo. Con loro il solo Previ che correva avanti e indietro sottolineando la grande libertà che gli era concessa. Quando giunsero poco sotto il vallone dell’alpe, il cane scattò in avanti correndo pancia a terra verso la baita.
 - Previ sente già l’aria di casa. – Disse il nonno.
 Dopo qualche tempo, videro il cane tornare. Si avvicinò al nonno e si strusciò contro le sue gambe. Prese a guaire mettendo il muso tra gli scarponi.
 - Cosa diavolo ti succede? Ti ha morsicato un serpe?
 Lo controllò per bene ma non vide nulla.
 - Dai che dopo quelle rocce vedremo il vallone. – Disse rivolto a Giulia.
 E dopo quelle rocce videro il vallone. La baita del nonno non c’era più. Una grossa frana era scesa dal monte sovrastante ed aveva distrutto tutto ciò che si trovava sul fondo del piano. Bernardo si guardò intorno e si avvicinò ai resti della sua baita. Accarezzò qualche trave ed alcune beole del tetto. Si sedette su una grossa pietra e mise il volto tra le mani. Giulia si accostò al nonno e gli passò una mano tra i capelli. L’uomo appoggiò il capo su una spalla della nipote ed iniziò a piangere. Il cane si sdraiò sugli scarponi del vecchio e prese a guaire.
 Tornarono all’alpe Granda senza dire una sola parola. Cenarono in silenzio. Giulia capiva la disperazione del nonno e nel contempo era angosciata per aver visto piangere quella roccia di uomo.
 Dopo cena il vecchio prese una bottiglia di grappa, ne versò un bicchiere alla nipote ed uno per sé.
 - Se la montagna del Torva è franata vuol dire che anche le rocce più dure hanno una vita. La mia come la loro.
 Giulia rimase accanto al nonno fino all’ ultimo istante, tenendolo per mano ed accarezzando la fronte di quella vecchia roccia crollata assieme alla sua amata montagna.

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