Secondo classificato
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ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI
Sezione di Treviso e Gruppo di Arcade
PREMIO LETTERARIO
Parole Attorno al Fuoco
PREMIO NAZIONALE RISERVATO ALLA SCUOLA
PER UN RACCONTO SUL TEMA
“La Montagna e il suo mondo”II EDIZIONE - Treviso, 24 Settembre 2022
Secondo classificato
IL PASSO CERRATO: UN MISTERO “RISOLTO”?
Secondo classificato
di
GIULIA MENEGON Fregona ( TV )
Classe 5 A Liceo Artistico “Bruno Munari” di Vittorio Veneto
C’è una vicenda ancora oggi avvolta nel mistero che vede come protagonista e osservatore la montagna.
Erano i giorni tra la fine di Gennaio e l’inizio del Febbraio 1959 quando dieci giovani, due donne e otto maschi, affrontarono il monte Cervino aspirando di raggiungere il terzo livello, il più importante nel campo escursionistico.
Si avviarono verso la montagna il 27 Gennaio, in nove di loro, in quanto il ventunenne Ignazio Sala si era dovuto ritirare solamente un giorno dopo la partenza a causa di un dolore alla gamba, ignaro del destino che presto si sarebbe rivelato ai suoi compagni...
Sono stati ritrovati diari e macchine fotografiche appartenenti alle nove vittime, permettendo quindi una ricostruzione degli avvenimenti.
Ultimo giorno di cui abbiamo delle notizie certe è il primo di Febbraio, quando gli escursionisti piantarono la tenda a circa 200 metri al di
sotto della vetta del Colle del Teodulo. Da lì in poi quello che può essere successo sono soltanto ipotesi.
Era previsto il loro ritorno al paese più vicino, attorno al 12 Febbraio, con un lasco di circa una settimana, quando avrebbero dovuto inviare un telegramma a casa, che però non arrivò mai. Il team di soccorso giunse sul posto il 26 Febbraio trovando la tenda in pessime condizioni. Un’analisi più accurata dimostrò come uno degli escursionisti l’aveva tagliata dall’interno nel tentativo di scappare da qualcosa che li aveva spaventati al punto che molti di loro fuggirono impreparati lasciando lì provviste, indumenti e scarponi. Le prime due vittime trovate, Ignazio De Luca e Ignazio Cotto, furono rinvenute a circa 1500 metri dalla tenda, sotto un grande albero i cui rami erano stati spezzati probabilmente per accendere un fuoco
improvvisato. I due cadaveri presentavano ustioni e tagli alla testa, piedi, gambe e mani, e anche qualche ferita che sembrava autoinflitta, come il
pezzo di nocca trovato in bocca del secondo ragazzo. Inoltre la prima vittima presentava una fuoriuscita di un liquido grigio tipico di una forte compressione sulla cassa toracica. Grazie al livor mortis fu possibile anche stabilire che i corpi vennero spostati post mortem, probabilmente dalle altre vittime nel tentativo di prendere i loro vestiti. La causa della morte venne identificata come ipotermia.
Furono poi trovati lo stesso giorno i cadaveri del leader del gruppo Igor Cerrato e la ragazza Zoe Costa, che probabilmente avevano
cercato di tornare alla tenda. Anche loro presentavano caratteristiche simili: lividi, abrasioni e tagli su volto e caviglie e la donna presentava un grande livido sul lato sinistro del corpo e possibili segni di autodifesa. Anche la causa della loro morte fu l’ipotermia.
Il 5 marzo venne trovato in posizione prona e ricoperto di neve Roberto Serra, che pur presentando gravi lesioni come emorragie interne alle tempie e una grande frattura al teschio, non mortale, era deceduto anch’esso per ipotermia, e anche il suo corpo risultava
essere stato mosso dopo la morte. Due mesi dopo, il 5 maggio, furono ritrovati assieme i cadaveri di Lidia Didi, Simone Bruno, Alessandro Capra e Nicola Torchio a 75 metri di distanza dal grande albero e sotto 3 metri circa di neve.
Le loro morti furono le uniche non ricondotte all’ipotermia ma alle gravi ferite riportate come: grandi squarci al cranio, di cui uno
frantumato, mancanza di alcuni tessuti molli, in Alessandro il collo era spezzato e nelle prime due vittime la raccapricciante scena di svariate costole rotte, la mancanza dei bulbi oculari e nella donna anche della lingua. Questi sono gli unici dati ufficiali a disposizione, ma le stranezze di questo caso sono molte, come le costanti ferite riconducibili ad un enorme impatto, l’imprecisione delle autopsie e, con l’aumentare del numero vittime, apparizioni strane nella documentazione fotografica dei corpi. Un dettaglio strano che fu rinvenuto su tre delle vesti degli ultimi cadaveri, ovvero la presenza di radiazioni, hanno dato vita ad una serie di ipotesi più o meno probabili, senza trovare però una vera e propria risposta.
Mi soffermerò solamente sull’ipotesi più probabile, ignorando supposizioni del coinvolgimento dei militari e i servizi segreti, degli ufo, dello yeti o altro.
La tesi più plausibile è quella del vento catabatico, presa in considerazione nel 2019 con la riapertura del caso, ovvero della presenza di un vento discendente ed estremamente forte che dalla cima segue il pendio. Un vento violento che si sviluppa molto velocemente e risulta impossibile organizzarsi per un’uscita adeguata. Secondo questa tesi, gli escursionisti sarebbero fuggiti rapidamente per trovare riparo in una zona più coperta, verso gli alberi, in attesa che il vento calasse. Oppure stavano cercando di tornare indietro verso il passo Cerrato e poi la cresta sud-est del colle del Teodulo, ma per qualche motivo hanno valutato male la direzione da prendere e si sono diretti verso il nord-est, percorrendo troppa strada in condizioni climatiche fatali di -30°C, e come unico tentativo di rimanere il più caldi possibile accesero un fuoco sotto il grande albero.
Probabilmente le prime due vittime si arrampicarono sulla pianta, in quanto si resero conto di aver perso la rotta, nella speranza di
individuare la tenda o il loro magazzino iniziale e rimanendo lontani dal fuoco per troppo tempo sono morti di ipotermia.
Nel prendere i vestiti dai cadaveri si spiegherebbe la presenza di radiazioni nei vestiti di alcune delle ultime vittime trovate, in quanto
Ignazio Cotto aveva lavorato in una struttura nucleare nella quale nel 1957 c’era stato un grave incidente. Successivamente si sono
allontanati dal luogo e hanno creato una sorta di rifugio posizionato al di sopra di un torrente coperto di neve, ma quest’ultima non resse
il loro peso facendo così cadere le vittime, e questo giustificherebbe le loro ferite e la loro morte.
Infine Serra, probabilmente era caduto anche lui, provocandosi una frattura al cranio non fatale e morendo poi di ipotermia, e poi Cerrato e Costa nel tentativo di dirigersi verso la tenda, uno ad uno, per la continua esposizione al freddo, sono deceduti pure loro per
ipotermia.
Ma tutte queste sono soltanto congetture, ipotesi non verificabili e dovremo arrenderci al fatto che il mistero del Passo Cerrato rimarrà sempre tale.
La montagna custodirà per sempre la verità su questa vicenda, come su tante altre storie di escursionisti e di soldati, da raccontare a bassa voce, attorno al fuoco.