Se domani si va all'attacco
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ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI
Sezione di Treviso e Gruppo di Arcade
PREMIO LETTERARIO
Parole Attorno al Fuoco
PREMIO NAZIONALE PER UN RACCONTO SUL TEMA
“La Montagna: le sue storie, le sue genti, i suoi soldati, i suoi problemi di ieri e di oggi”VI EDIZIONE - Arcade, 5 Gennaio 2001
Secondo classificato
Se domani si va all'attacco
di Bruno Longanesi - San Giuliano Milanese - (MI)
I suoi lineamenti erano sconvolti, il viso contratto e salutava distrattamente le vedette dislocate nei punti strategici dei lungo "camminamento". Era la prima volta, nella sua vita, che doveva affrontare una prova così tragica, violenta, dolorosa. Aveva da poco lasciato la baracca comando, a quota 2.250 metri, dove aveva ricevuto le ultime disposizioni: l'anziano Maggiore, capo dei settore operativo, gli aveva appena comunicato che, all'indomani, il suo plotone sarebbe stato impegnato nell'assalto per la conquista di un costone strategico. Il luogo era nelle vicinanze della zona aspramente contesa fra gli Austriaci e i nostri Alpini, sulla cima dei Monte Piana, nella cosiddetta "terra di nessuno". L’ordine dei Maggiore era stato fermo e risoluto ma, come aveva visto l'espressione dei giovane ufficiale, gli aveva teso la mano per salutarlo e ne aveva approfittato per incoraggiarlo con un paterno colpetto sulle spalle e un : "...Vedrà che andrà tutto bene tenente ... tutto andrà, per il meglio!..." Luca arrivò al suo ricovero di fortuna, una grotta scavata in profondità nella roccia, e si lasciò cadere sulla sua branda. Guardò l'orologio: le 10 di sera. In mattinata c'era stato un altro furioso assalto alla posizione contesa. Lui aveva assistito, con il suo plotone considerato come "unità di riserva", a tutto l'attacco e ne aveva ricevuto una impressionante sensazione di sbigottimento e di raccapriccio misto a ribrezzo.
L'azione era stata preceduta da un micidiale fuoco di sbarramento delle artiglierie italiane ma gli Austriaci, al momento dell'assalto, avevano risposto con altrettanto poderoso fuoco di ostruzione. Dopo alcune ore di combattimento, anche a "corpo a corpo" e con fasi alterne, i reparti italiani erano stati costretti a ritirarsi nelle trincee di partenza. L'attacco era fallito, perciò si doveva ritentare il giorno dopo e il plotone dei tenente Luca L. era impegnato nella prima ondata, con il compito più arduo e pericoloso dell'intero assalto. Dopo poche ore avrebbe dovuto buttarsi in quella bolgia come attore protagonista e guidare i suoi alpini alla conquista della posizione nemica! Si tolse l'elmetto, sciolse il cinturone della pistola, slacciò alcuni bottoni della giacca e si sdraiò, cosi vestito, sulla misera branda. Aveva la gola secca e sentiva il cuore battere precipitosamente. Apri la busta che gli aveva consegnato il suo superiore e vi trovò l'ordine scritto: attaccare il 16 luglio 1915, alle ore quattro e trenta, quella posizione nemica.
Il punto esatto era segnato su una cartina, a quota 2.190, località "Fosso Alpino", sommità nord di Monte Piana. Lesse velocemente i particolari tattici: un fuoco intenso di sbarramento e di annientamento da parte delle artiglierie italiane, era previsto per le tre e cinquantacinque, questo avrebbe preparato e favorito l'attacco poi, all'ora stabilita, un razzo verde e un suono di tromba, avrebbero segnalato il momento decisivo dell'assalto alla baionetta!.".
"Alla baionetta" - penso Luca con orrore e ripugnanza.
Il suo reparto aveva il compito di puntare frontalmente sulle trincee avversarie, il che significava scavalcare di slancio il parapetto delle proprie trincee, lanciarsi contro il nemico, su un terreno completamente scoperto per circa duecento metri: duecento metri di ferro e fuoco, una sfida al limite della temerarietà, una provocazione al destino, un inverecondo invito alla morte!...
E dovevano passare sei ore ... sei lunghissime ore, in quell'angosciante attesa!... Si alzò. Dormire non era possibile in quello stato d'animo. Senti il bisogno di fare qualcosa di più consistente che il solo pensare e si accorse di avere la sigaretta accesa ma non ricordava il momento dell'accensione. Si rese conto che i suoi movimenti erano meccanici, incontrollati e istintivi.
No! ... Non poteva affrontare una simile prova senza il dominio dei nervi e la piena facoltà mentale! Aveva anche la responsabilità dei "suoi" alpini che si fidavano di lui!...Si impose un programma: sintetizzare in quelle poche ore, forse le ultime, i suoi ventitré anni, redigere nel pensiero un consuntivo della sua breve vita. Era il solo modo per non farsi sopraffare dall'ansia, dall'agitazione, dalla tensione e, perché no? ... dalla paura! ... Ventitré anni! ... Come li aveva spesi? ... come li aveva vissuti?... Quante probabilità aveva di viverne altri?... No! ... Quest'ultimo pensiero non doveva prevalere!. Deviava dal programma mentale che si era imposto. In mattinata, nell'assalto, era morto un suo carissimo amico, ma l'avvenimento sembrava lontano, sfuocato, già dissolto nel tempo, scacciato da un evento più personale, contingente, che lo assorbiva completamente anche se la sua volontà tentava di allontanarlo dalla mente. Si sedette vicino ad un tavolino rudimentale, tolse dalla sua "cassetta personale" carta, calamaio e penna.
A chi doveva scrivere? ...
A chi voleva scrivere?.. Doveva, ai suoi genitori; voleva, a Luisa: la sua ex fidanzata. Incominciò a vergare la prima riga: "Monte Piana 15 luglio 1915." Guardò l'orologio: erano le ventidue e quarantacinque circa, quindi, era il 15 luglio...
Si concentrò meglio e corresse la data: 16 luglio... Quello era il giorno decisivo, meglio datare cosi la lettera. "Cari genitori...Quando riceverete questa lettera..."
Si fermò. Luca non aveva un temperamento retorico, enfatico e convenzionale perciò scartò subito la frase poco originale: no!.. Troppo banale!.. Di fronte alla morte le banalità assumono un carattere grottesco, ridicolo, offensivo, deforme!... Meglio la realtà, le sensazioni del momento, spontanee, istintive, naturali anziché un sentimento stucchevole, patetico, di maniera... "Ho paura ... ho tanta paura ... sono dominato dalla paura..." - avrebbe dovuto scrivere per essere coerente con i suoi principi e il suo temperamento schietto e genuino, ma si trattenne. La sensibilità della mamma, la sua delicatezza d'animo non merita- vano tanta spietata concretezza, tanta spietata sincerità. Doveva esprimersi in maniera più diplomatica, più accorta, più prudente. Scrisse, invece: "...in questo momento mi sento sereno. Ho la chiarezza dei mio dovere di soldato da compiere e sento tutta la responsabilità della mia scelta, quando partii volontario e decisi di dare il mio contributo alla causa ...” Si fermò un attimo. Capi quanto doveva forzare il suo temperamento per scrivere questo. Non era vero quello che scriveva, non era vero affatto!
Scosse il capo: sapeva di mentire, non era sincero. Il motivo della sua partenza volontaria era un altro, meno idealista, ma loro non avrebbero dovuto saperlo mai!
Si alzò, accese una sigaretta, usci fuori dal suo ricovero e si accostò ai sacchetti di sabbia ai bordi della trincea. Guardò verso le linee austriache. Era una serata calma per il "fronte". Entrambi i contendenti si "leccavano" le ferite della mattinata e si preparavano per aggredirsi dì nuovo. Vide in distanza una linea scura, molto frastagliata: le linee nemiche. Ne segui il tortuoso tracciato e vide il punto esatto segnato sulla cartina come il “suo" obiettivo per il giorno dopo!. Là, entro buche, trincee, camminamenti, anfratti e labirinti, pulsava una vita di giovani che, come lui, erano sicuramente pervasi da sentimenti analoghi ai suoi, dominati dalla paura, dall'apprensione, dallo sgomento, dal panico, dal terrore. Stesse sensazioni, stessi presentimenti, stessa eccitazione, stessa impossibilità di dominare gli eventi. Gli "altri" giovani erano il...nemico! ... Ma chi era il nemico, l'avversario, l'antagonista, l'ostile militare che, domani, avrebbe attentato alla sua vita?...
Gente che non conosceva, non detestava, non aveva mai incontrato e con la quale non aveva avuto mai alcun rapporto, non serbava rancore, non provava odio. Giovani come lui che, per un "supremo ideale", creato e imposto da altri, dovevano, per forza, esecrarsi, odiarsi fino al punto di togliersi a vicenda, il bene prezioso della vita! E per conquistare quei.. "quattro sassi"!. Era assurdo, inconcepibile, paradossale! ... Girò attorno lo sguardo. Era una nottata abbastanza limpida. In distanza riconobbe le " sagome" amiche dei "Monte Cristallo", delle "Tofane", della "Croda Rossa", dei "Tre Scarperi", dei "Sorapis", delle "Tre Cime di Lavaredo", un mondo meraviglioso, una sinfonia della natura in tutta la sua maestosità. E loro, piccoli esseri, piccole formiche di un Universo sublime, stavano in agguato pronti a uccidersi, per la conquista di un piccolo cocuzzolo. Quella quiete creata nei millenni dalla natura, alle prime luci dell'alba, doveva diventare un inferno e lui doveva entrare da protagonista in quell'inferno, doveva condurre all'assalto i suoi alpini!...
Guardò l'orologio: mezzanotte. Rientrò nel suo ricovero. Fece un rapido riesame dei suo comportamento verso i genitori e, pur sapendo di cadere nella deprecata retorica, riprese la lettera interrotta e continuò a scrivere: "Come figlio avrei potuto e voluto darvi più soddisfazioni invece, negli ultimi mesi, vi ho reso desolati e tristi. La mia richiesta di partire volontario per il fronte vi ha preso di sorpresa e disorientato ... Penso al vostro dolore, grande, immenso, come grande e immensa fu la vostra felicità alla mia nascita. La vostra felicità, la nostra felicità, è durata ventitré anni. Tanti? ... pochi? ... Non lo so, ma mi avete abituato a credere che tutto quello che succede non succede a caso: è opera di un Volere superiore, di quel Dio che ha voluto la mia nascita e che ora conosce già il mio destino e quello riservato a voi!. Non possiamo ribellarci: è inutile, come è inutile volere regolare le stagioni ... Tutto è rimesso a Lui ... Ricordi, mamma, quando mi insegnavi: "lo sono il Signore Dio tuo?.. "Ora mi rimetto a quel Dio!..."
Doveva chiudere in fretta la lettera. Ogni parola in più sarebbe stata una stilettata di sofferenza per i genitori. Scrisse in fretta: "Vi ho voluto bene e continuerò a volervi bene...Strappate questa lettera, non fatene una reliquia: voglio restare solo nel vostro pensiero e nei vostro cuore. In questo momento io sono sereno e tranquillo ... Luca".
Chiuse la busta, fece seguire un indirizzo e una nota: "Da inoltrarsi in caso di morte". Come passava lentamente il tempo. Era ormai ansioso dell'alba: quella terribile alba che lo rendeva agitato, nervoso e che gli riservava la vita o la morte!.. Notò che l'attesa si tramutava in impazienza! ... Meglio affrontare subito la situazione, tanto non aveva scelta. Ma come sarebbe stato quel momento? ... Cosa avrebbe provato?.. Istintivamente, ebbe la percezione che quell'attimo fatale sarebbe stato come precipitare nel buio dell'anestesia. Ma poi si sarebbe risvegliato?... Dove? ... Come? ... Che mistero!... La paura dell'incomprensibile, l'enigma oscuro della morte, incominciò di nuovo a serpeggiare in lui. Il cuore incominciò a battere, ancora una volta, velocemente Ma doveva controllare i suoi sentimenti. Era responsabile verso i suoi soldati!. Mandò a chiamare il suo aiutante. Come arrivò, impartì gli ordini necessari, sforzandosi di apparire calmo, sereno, sicuro, lucido e deciso. Forse non riuscì a trasmettere questi sentimenti al suo subalterno, più esperto e provato da quegli avvenimenti, perché alla fine si senti dire: "Vedrà, tenente, che tutto andrà bene. Mi stia vicino al momento dell'attacco!"
Si sdraiò sulla branda con le mani incrociate dietro la nuca e incominciò a pensare a lei... a Luisa. Nonostante tutto, continuava a pensare ancora a lei!.. Lui l'amava ancora e aveva una sola via per dimostrare a se stesso e a Luisa il suo sincero affetto. Cosi rivide, in un attimo, in rapida successione, i momenti più importanti dell'ultimo anno con lei. Avevano passato momenti bellissimi insieme, momenti che non poteva scordare. Quanti progetti insieme, quante aspettative!.. All'improvviso un'ombra si stagliò sul pertugio che delimitava il suo ricovero. Si alzò dalla branda e vide entrare don Lorenzo: il cappellano militare. "Tenente ... sono passato a salutarti..." - disse il sacerdote.
"Già...a salutarmi ... sei passato cosi per caso a salutarmi, vero? ... a quest'ora!... Almeno tu non essere un ipocrita.. Gesù cacciò i farisei dal tempio.. vuoi che ti cacci dalla mia "tana"?.." - rispose Luca con una sincera risata che servi a sdrammatizzare la situazione. "
... Luca ... posso fare qualcosa per te? ... posso aiutarti in qualche modo? ... Il mio compito è solo questo...lo sai ... non posso fermare questa assurda, inconcepibile, inammissibile carneficina, questa immane strage che mortifica la nostra natura di esseri umani ragionevoli ... So che mi capisci, che condividi le mie parole e comprendi la mia angoscia. ... Ti ripeto, Luca, posso fare qualcosa per te?..." Luca si buttò di colpo fra le sue braccia ... "Don Lorenzo ... don Lorenzo...ho paura! ... Tanta paura!..." - e scoppiò in lacrime.
"Ti capisco ... come ti capisco ... è naturale questa tua reazione...Vuoi che diciamo insieme una preghiera?..." In quella buia caverna si udirono allora le parole che, milioni di uomini, avevano pronunciate, nelle più svariate circostanze, nel corso dei secoli, e nei momenti più tragici!. "Grazie don Lorenzo...sia fatta la volontà di Dio.." - bisbigliò Luca alla fine della preghiera. Il sacerdote fece un breve segno di croce nell'aria e si avviò verso l'uscita. Con un sorriso forzato disse: "Stassera vengo a trovarti Luca ... e non come fariseo!..."
"A stassera...- rispose Luca - " ... a stassera ... ti aspetterò con vero piacere!..."
Guardò l'orologio: era quasi l'una. Si ributtò sulla branda e sprofondò nei pensieri di prima: Luisa!... li loro sembrava un amore incanalato verso un naturale sbocco: il matrimonio. Ma un giorno la vide in compagnia di un giovane. Era sorridente, allegra, spensierata, piena di brio ... Alla prima occasione Luca chiese spiegazioni.
"Beh! ... che c'è di strano? .... E' un giovane molto interessante, pieno di vita, di entusiasmo, di coraggio ... un giovane moderno, insomma!..." - rispose lei.
"Moderno?...- domandò stupito Luca - "che significa "moderno"?..."
"Che ha sangue nelle vene, che sa quello che vuole. E' un fervente "irredentista", un "interventista", un uomo che arde dal desiderio di battersi!"... Luca si senti mortificato da quelle parole pronunciate, evidentemente, per colpirlo nella sua presunta freddezza politica.
Gli incontri fra loro si diradarono fino al punto che Lei adduceva le scuse più banali per non incontrarlo. Lui l'amava, l'amava sinceramente e non voleva, non poteva, rassegnarsi all'idea di perderla, perciò le disse che si sarebbe arruolato ma Luisa scoppiò in una sonora risata, che raggelò il giovane, e pronunciò alcune frasi con aria beffarda: "Tu ... tu volontario?...tu alla guerra? ... al fronte? ... Ma sai che puoi farti male?... Tu che hai paura della puntura di un insetto vuoi fare la guerra?...vuoi fare l'eroe?..." - e, con una frase ancora più irridente e beffarda, lo salutò dicendo: - "Vai...vai a fare la guerra...ma portati una maglietta di lana, non si sa mai ... eroe! ...” Luca ne restò sconvolto, turbato, sconcertato, distrutto! Fu quello stato d'animo che lo spinse al distretto militare per chiedere di partire subito volontario per il fronte e, se possibile, militare negli alpini già che aveva una grande passione per la montagna. La richiesta fu accolta nel giro di pochi giorni e fu avviato ad un centro per un rapido corso di aspirante ufficiale nel "corpo" degli alpini. In famiglia Luca giustificò la sua scelta col fatto che da tempo meditava una sua partecipazione attiva ai destini della Nazione. La madre rimase sconvolta, il padre cercò di dissuaderlo ma, in cuor suo, si sentì orgoglioso di una simile spontanea decisione. Condivideva la ideologia dei figlio e approvò in silenzio senza manifestarlo la soluzione, anche se ne temeva le conseguenze .... Anche lui aveva portato la "penna nera"!...
Luca prese in mano un altro foglio e la penna. Restò un attimo perplesso, ma poi scrisse: "Cara Luisa... "Sì ... è vero..." - pensò - "... mi è ancora e sempre cara.
Continuò a scrivere: "Da tempo non hai mie notizie ... mi trovo al fronte..."
Avrebbe voluto dire: "Tu mi ci hai spinto!" - ma a cosa sarebbe servito? ..Solo a dimostrare la fragilità, l'insicurezza di un uomo e il suo dispettoso puntiglio. No!...meglio di no!...
"Ti ho pensato spesso ma, a dir la verità, qui c'è poco tempo per pensare ai momenti lieti" - continuò a scrivere nella travagliata lettera - "Lasciandomi mi dicesti "ti rifarai una vita senza di me", ora sono io che spero, per te, una nuova vita serena senza che io sia al tuo fianco. Come vedi, non avremmo avuto prospettive insieme. Ti auguro ogni bene e tanta, tanta felicità. In questo momento io sono sereno e tranquillo. Caramente....Luca."
Scrisse le ultime parole in fretta e con molta tristezza. Rilesse la lettera: la trovò sconclusionata e priva di significati. Si chiese perché l'avesse scritta. Aveva fatto bene?.... Chiuse la busta rapidamente, vergò un indirizzo e oppose la precedente triste annotazione: "Da inoltrarsi in caso di morte!"...
Mise le due lettere nella "cassetta personale", ben in vista e pensò velocemente: “Come sono stato poco sincero scrivendo ... Consideravo un pregio la mia schiettezza, la franchezza e la genuinità. Ma queste due lettere sono un capolavoro di ipocrisia, di retorica, di demagogia enfatica, di falsità... Però ... se fossi stato sincero, quanto rammarico, quanta amarezza, quanto rimorso, quanto dolore avrei procurato? ... Meglio così, dunque!.." Guardò l'orologio: mancavano ancora due ore all'attacco!
Arrivò poco dopo un portaordini con un plico. Luca aprì la busta con evidente eccitazione. Un contrordine?...Un rinvio? Capì, però, dalle prime parole che l'attacco era confermato. Luca si passò una mano sulle guance: con irritazione senti la barba particolarmente ispida. Meccanicamente prese un misero specchietto, lo fissò ad altezza d'uomo, versò un po' d'acqua nel catino e col pennello incominciò a insaponarsi il viso. Faceva movimenti lenti, flemmatici, quasi pigri. Quante volte, praticamente tutti i giorni, faceva quei gesti, ma stavolta ebbe l'impressione che fossero insoliti. Certo, non si era mai rasa la barba in quei particolare stato d'animo! Vide il suo viso riflesso allo specchio: era pallido, esangue, terreo.
No! ... Perdio! ... non poteva presentarsi ai suoi alpini così. Lui era il loro "ufficiale" e in lui riponevano tutta la loro fiducia, lui li doveva condurre all’azione che poteva decidere della loro vita, era una "guida" per quegli uomini! ... La loro speranza era riposta in lui e lo avrebbero seguito ovunque convinti di seguire un "capo"! ... E se doveva essere un "capo" doveva presentarsi come tale! ... Prese il rasoio e incominciò, con gesti lenti, a radersi. Già alla prima "rasoiata" si accorse che la mano tremante, era insicura e da un minuscolo taglio usci una piccola goccia di sangue. Questo particolare gli procurò un moto di ironico e pungente sarcasmo. Quasi con infantile piacere espresse ad alta voce il suo commento: " ... Qui non mi "fregano" gli Austriaci ... mi frego da solo!..." Rimase, comunque, in lui la consapevolezza che doveva vincere questa sensazione di inquietudine. Si chiese: "Sono un pavido? ..un pusillanime? ..un codardo? ... No! ... Forse sono normale, una persona che non ha mai dimostrato di essere un coraggioso di natura, di non avere la tempra dell'eroe anche se per tale mi sono...spacciato!
L’orologio segnava quasi le tre. Mancava un'ora all'assalto! Ormai bisognava prepararsi! ... I suoi uomini stavano anche loro vivendo, nei modi più diversi, questo ultimo scorcio di tempo e lui doveva raggiungerli. Fece una delicata carezza alla sua "penna nera", si infilò l'elmetto, fissò saldamente il sottogola come prescriveva il "regolamento"' e prese i guanti. Se li sarebbe infilati al momento dell'attacco perché era una consuetudine degli ufficiali. Volle guardarsi per l'ultima volta allo specchio: sì ... era tutto in ordine, poteva essere un "esempio" per i suoi soldati che, da ora, avrebbero notato ogni particolare dei suo comportamento e da quella ”padronanza” della persona avrebbero potuto trarre motivo di fiducia, di sicurezza e di...speranza!. Lasciò la zona dei "baraccamenti" e si introdusse in quella ragnatela di piccole strettoie, che erano i "camminamenti" che portavano verso la zona della primissima linea. Arrivò al punto di ritrovo. Alcuni militari erano già sul posto, altri arrivarono alla spicciolata a distanza di pochi minuti. Il sergente fece l'appello: tutti presenti. La maggioranza degli alpini era disposta vicino al muretto di roccia nella quale era scavata la trincea riparata con sacchetti pieni di sabbia o terriccio. Qualcuno sedeva per terra fumando un mozzicone di sigaretta. Nessuno parlava. Come videro arrivare il tenente, che accennò ad un sorriso, qualcuno prese coraggio e apri bocca: "Tenente ... ce la faremo? ". "Certamente!..." - fu la risposta pronta di Luca il quale aveva ormai acquistata tutta la sicurezza che il grado di responsabilità imponeva - " ... Ce la faremo, ne sono sicuro ... ma dobbiamo restare molto calmi e lucidi ... non dobbiamo farci dominare dalla paura, dal panico ... vedrete che in dieci minuti saremo sull'obiettivo e, stassera, festeggeremo, tutti insieme, il successo dell'azione...".
"Tenente... lei che ha studiato, mi dica che senso ha la conquista di quei mucchio di sassi che lei chiama "obiettivo"...- chiese un soldato con accento meridionale.
"La conquista di quei "mucchio di sassi", come tu lo chiami, permette una linea difensiva più solida ... una posizione più fortificata..." - rispose l'ufficiale e anche qui Luca pensò: "Come sono poco sincero e retorico...ma se dicessi il mio pensiero migliorerei la situazione? ... No! ... Anzi! ... E allora? ... Diamo un "motivo" all'azione!..."
"Già! ... E poi ci saranno altri mucchi di sassi ... e altri ancora da conquistare..." - aggiunse un altro soldato - " ... Ci saranno sempre dei mucchi di sassi!...", Luca non rispose. In quei momento apparve il Maggiore seguito dal suo "picchetto", in ispezione prima dell'attacco.
"Come va, ragazzi?..." - chiese il graduato - "tutto a posto?..."
Nessuno aprì bocca, compreso Luca che non volle farsi portavoce dei suoi uomini dando una risposta falsa, se ottimista, mortificante se rispecchiante la realtà. Il Maggiore capì la situazione, salutò militarmente i soldati e disse loro in tono paterno: "Buona fortuna, figlioli, che Dio vi assista!". I minuti passarono lentamente. Ora tutti tacevano. Regnava un silenzio assoluto. Ogni sguardo aveva una espressione diversa ma molti di quegli sguardi erano atterriti, spaventati, impauriti, sbigottiti, terrorizzati. Molti militari si erano seduti per terra tenendo la testa fra le mani, immersi in pensieri facilmente intuibili. Altri fumavano nervosamente mozziconi di sigaretta seguendo, con sguardo spento, le volute di fumo. In tutti dominavano lo sgomento, la trepidazione: quegli esseri umani si rendevano conto della tragedia che li attendeva. Improvvisamente, si udì una voce iniziare, in sordina una canzone... L'ignoto solista intonò le prime note di un canto popolare fra gli alpini: "...Se domani si va all'assalto...". Si aggiunsero altre voci e il coro andò, man mano, crescendo con una armonia languida, triste, malinconia, struggente. Ma appena accennata la strofa: " ... Soldatino non farti ammazzare...", il mesto coro si affievolì e poi si dissolse nel nulla! Ripiombò un silenzio grave, opprimente, ossessionante! ... Luca guardò i suoi uomini, uno per uno, facendo loro un piccolo cenno amichevole di saluto, quasi ad infondere un po' di coraggio. Lui si sentiva abbastanza calmo: non avrebbe mai immaginato di sentirsi quasi tranquillo in un simile frangente. Constatò che aveva il dominio dei suoi nervi, il possesso dei sentimenti e la lucidità necessaria che richiedeva la situazione. Doveva comportarsi così, perché solo così poteva aiutare quei poveri esseri, come lui, in balia di un destino crudele. Loro avevano ormai piena fiducia in lui, in lui riponevano l'unica speranza! Vedevano nella sua calma e nella sua compostezza una miraggio di salvezza. Ormai tutti desideravano venisse quei momento fatale!... Quell'aspettativa era angosciosa, massacrante! Ancora dieci minuti e, a quell'ansiosa calma assoluta, sarebbe subentrato l'assordante fragore dei colpi di artiglieria. Si sarebbe scatenato l'inferno. Guardò oltre le trincee: vide le grandi cime dolomitiche che stavano per essere illuminate dal primo sole, ma mai come in quei momento le vide mute testimoni di quell'avvilente massacro umano che stava preparandosi alla loro silenziosa presenza! Luca pensò che da milioni di anni erano là e che per milioni di anni sarebbero rimaste al foro posto impassibili. Buttò lo sguardo alle trincee nemiche. Anche lì, silenzio totale. Altri uomini erano in palpitante attesa di un prevedibile attacco. Quei silenzio opprimente era un chiaro sintomo: il silenzio che precede sempre una grande battaglia. Occhi invisibili scrutavano, da ambo le parti, quei duecento metri di terreno: un palcoscenico coperto da un sipario di leggera foschia che, a minuti, sarebbe stato gremito da centinaia di attori pronti a recitare una tragedia senza titolo e senza autore, ma di una crudeltà catarsica!. Luca ruppe quei silenzio opprimente: "Ragazzi ... fra pochi minuti incomincerà la nostra artiglieria e ci aprirà la strada ... dopo toccherà a noi ... coraggio ... vedrete che tutto andrà bene ... auguri a tutti!..."
In quell'istante si udì un rombo fragoroso e decine e decine di cannoni, obici e bombarde scaricarono, sulle trincee nemiche, migliaia di granate. Boati, scoppi come tuoni, rimbombi, muggiti di proiettili in arrivo, rumori cupi e profondi schianti. Una nuvola impenetrabile coprì quei terribile "percorso". L'inferno durò parecchi minuti, interminabili e pieni di una tensione che portò i nervi degli attaccanti al limite della sopportazione. Luca, in quei momenti decisivi rilesse, mentalmente, le due lettere scritte prima. Tutto sommato era vero quanto aveva scritto: si sentiva sereno, tranquillo e in grado di controllare la situazione. Contrasse il viso in un triste sorriso pensando alle frasi di Luisa: "..Tu che hai paura dei male.." e "Portati la maglietta di lana.. "Sentì di non essere certamente un eroe, ma un uomo sì! ... Stava comportandosi da "uomo" e la constatazione lo tranquillizzò ulteriormente. All'improvviso quell'uragano di ferro e di fuoco tacque di colpo: dopo pochi istanti un razzo verde solcò il cielo e una tromba emise il segnale di "carica".
Il segnale dell'attacco! ... Luca scavalcò per primo i sacchetti di sabbia che proteggevano la trincea, passò nel varco dei reticolati, si volse verso i suoi uomini che stavano per seguirlo, estrasse la pistola dalla fondina, lanciò un grido di incitamento ai suoi alpini, poi, si lanciò di corsa all'assalto, in quel terreno pieno di insidie....
Dieci giorni dopo, le due lettere scritte da Luca, arrivarono a destinazione!...