Monte Bruseis
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ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI
Sezione di Treviso e Gruppo di Arcade
PREMIO LETTERARIO
Parole Attorno al Fuoco
PREMIO NAZIONALE PER UN RACCONTO SUL TEMA
“La Montagna: le sue storie, le sue genti, i suoi soldati, i suoi problemi di ieri e di oggi”XVIII EDIZIONE - Arcade, 5 gennaio 2013
Segnalato
Monte Bruseis
di Adriana Robba - Cuneo
L'indicazione di Punta Bartivolera si trova solo sulle carte, ma da sempre i valligiani la chiamano Bruseis. Le sue rocce conservano ricordi della guerra partigiana, perché proprio lassù molti uomini coraggiosi difesero strenuamente le loro posizioni.
C'è chi racconta di averlo visto, al tramonto, quando le altissime pareti del Bruseis proiettano lunghe ombre sulla valle e il silenzio è interrotto solo dal boato di qualche scarica di pietre, tornare dal cascinale verso la montagna. Molti anni prima, in quel cascinale avvolto dal buio e dal silenzio, era bastato un colpo leggero a far sollevare il coperchio della botola.
Pietro era sbucato cauto nella grande cucina. La madre aveva già sprangato le imposte, perché nessuna luce doveva filtrare all'esterno. Sua madre, che ogni sera osservava la cima del Bruseis farsi viola mentre aspettava che la notte inghiottisse la vallata per lanciare il segnale, un tocco di bastone sul pavimento.
"Ti ho lasciato la minestra e il pane. C'è anche del vino".
Era così pallido!
"Sali a dormire che è molto tardi, io mi sgranchisco le gambe e continuo a studiare"
"Ma stare nascosto e fermo tutto il giorno, sempre al buio. Non può continuare così... "
"Non pensarci. Se riesco a studiare, a fine guerra mi prendo la laurea. E poi voglio andare sulla montagna, dove son già saliti in tanti...”
Avrebbe voluto chiedere di più, ma da quando era tornato a casa senza la divisa, il figlio le dava scarne risposte, che non riuscivano a placare la sua ansia.
"Un disertore", aveva detto il padre.
"Ci porterà i tedeschi alla cascina".
"Almeno è tornato vivo e poi ce ne sono altri nella vallata, si dice che sono nascosti nei boschi" "Prima disertori e poi briganti. Se i tedeschi lo scoprono, lo fucilano e ci bruciano il tetto." Eppure lei sapeva che il padre rimaneva sveglio ad aspettare fino a che la botola si apriva.
Pietro aveva acceso una piccola torcia. Leggeva a malapena nel debole cono luminoso:
Il plesso epatico posteriore risulta costituito da due-tre rami che provengono dal nervo vago…
All'improvviso il cane aveva abbaiato e i colpi battuti contro la porta lo avevano fatto trasalire.
Alzò il capo dal testo per rivolgerlo verso l'ingresso. Avevano circondato il cascinale e venivano a stanarlo, oppure.... era arrivato il momento che aspettava.
Nella stanza da letto padre e madre, impietriti, sentivano le voci salire dalla cucina, non accenti stranieri e toni duri, ma un sussurro di complicità, poi il cigolio della porta che si chiudeva.
Si portavano via Pietro, attraverso il prato dietro il cascinale.
Provava un senso di euforia per il suo rapimento. Dopo i lunghi giorni trascorsi nelle cantine, Pietro sentiva il piacere di tornare a camminare, anche se era stato bendato. Dall'odore di resina e dalla presenza di numerose radici sul terreno aveva capito che stavano attraversando l'abetaia. A tratti il sentiero era scivoloso e il compagno che camminava davanti a lui lo sosteneva per impedirgli di inciampare nelle radici o teneva sollevato un ramo al suo passaggio. Camminavano da più di un'ora, quando sbucarono in una radura. Usciti dall'ombra protettiva del bosco, iniziarono a salire quasi strisciando contro la parete della roccia. Ad un tratto si fermarono e uno dei due uomini si voltò per sincerarsi che nessuno li seguisse, poi imitò il verso misterioso di chissà quale uccello e da una crepa nascosta nella vegetazione comparve un'ombra imbracciando uno sten.
Pietro sentì un'aria umida e fredda contro il viso e quando fu sbendato capì di essere in uno dei tanti cunicoli che formavano labirinti nella roccia carsica del Bruseis.
"Seguimi" gli disse l'uomo del fucile con una voce giovane "puoi chiamarmi Rena".
Scesero fino a una grotta poco rischiarata . Quando i suoi occhi si furono abituati, vide una forma umana appoggiata ad alcuni sacchi, che stringeva le mani intorno alla coscia della gamba sinistra. Pietro si avvicinò, l'uomo era pallidissimo e la fasciatura improvvisata non riusciva a trattenere il sangue che usciva a fiotti. Rena spiegò che era stato raggiunto da una pallottola durante uno scontro a fuoco.
Fin dalle scuole elementari si era capito che Pietro imparava presto e amava studiare. Sua madre, per liberare quel figlio da una tradizione di vita dura, aveva convinto il marito a rinunciare alle sue braccia nei campi per sostenerlo fino all'università.
Da studente, Pietro aveva assistito a qualche intervento e fatto alcune esercitazioni pratiche, quando il mostro della guerra era arrivato a interrompere i suoi studi alla facoltà di Medicina e ora che la pallottola andava rimossa al più presto, sapeva di essere privo di conoscenze e di esperienza. Era impossibile operare senza strumenti e senza anestesia anche per un vero medico, non potevano chiedergli quella prova.
"Abbiamo qualche bisturi, del disinfettante" gli disse Rena, come leggendogli nel pensiero "se non farai un tentativo morirà dissanguato".
Il ferito venne trasportato su un tavolo di legno e Pietro incise la carne con mani incerte.
Quando il proiettile venne estratto e la gamba fasciata, l'uomo smise di gemere e piombò in un sonno di sussulti e brividi. Allora Pietro chiese di uscire all'aperto e non gli venne negato. Percorse con Rena il cunicolo nella direzione opposta a quella da cui erano arrivati. Era come entrare nel ventre della montagna, poi improvvisamente sbucarono su un pianoro, una sorta di pulpito sulla valle buia e profonda. Non più bendato, Pietro vide che stava albeggiando e che in quella posizione strategica era stata posizionata una mitragliatrice.
Non fece più ritorno alla cascina. Ormai apparteneva a quella brigata, che gli aveva conferito la laurea in Medicina. Rimpiangeva una sola cosa, i suoi libri. Alcuni gli sarebbero stati utili per continuare a studiare nei momenti di pausa e specialmente uno lo avrebbe aiutato a meglio capire, quando ci sarebbe stato ancora bisogno di lui.
La notte che era uscito dalla cascina, il testo di Anatomia era rimasto aperto sulla tavola della grande cucina. Era sicuro che sua madre l'avesse riportato in cantina quando decise di scendere dalla montagna per tornare a riprenderlo. La sua assenza sarebbe stata breve. Raggiunta la cascina, attraversò il prato dietro casa ed entrò nella cucina deserta senza incontrare nessuno. Il padre e la madre a quell'ora erano al lavoro nei campi. Alzò la botola e si calò alla ricerca del libro.
Una squadra di tedeschi saliva su per la riva sinistra del ruscello diretta alla cascina. La madre li vide arrivare da lontano e corse ad avvisare il padre che stava falciando la segale. Forse erano alla ricerca di viveri e bestie, in quei giorni altre cascine erano state saccheggiate. Aveva bruciato i vestiti di Pietro e sotterrato i suoi libri. Pensò con sollievo che non c'era traccia del figlio in tutta la casa, mentre con il marito venivano scortati verso la cascina. Indicarono la botola attraverso cui si arrivava alle scorte di viveri per l'inverno, ma furono costretti a rimanere sotto il portico. I soldati si muovevano per la casa facendo risuonare passi cupi sull'impiantito.
Quando tornarono al portico e le chiesero una corda in cattivo italiano, la madre sperò che non si portassero via anche la capra. Poi vi fu un silenzio troppo lungo.
Se ne erano andati, lasciando porte spalancate e sedie rovesciate. Era buio quando, attraversata la casa, la madre sbucò sul prato retrostante. Un'ombra dondolava dal ramo del ciliegio, un'ombra che il padre illuminò con una torcia.
Riconobbero Pietro con il capo reclinato, le braccia e le gambe divaricate.
C'è chi racconta di averlo visto, al tramonto, salire dal cascinale verso la montagna con un libro sul braccio.
Ai piedi del Sacrario Partigiano, su cui veglia eternamente il Bruseis, è conservato il ricordo dello studente in Medicina, mai laureato, Pietro Giraudo.