La via di Lorenzo
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ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI
Sezione di Treviso e Gruppo di Arcade
PREMIO LETTERARIO
Parole Attorno al Fuoco
PREMIO NAZIONALE PER UN RACCONTO SUL TEMA
“La Montagna: le sue storie, le sue genti, i suoi soldati, i suoi problemi di ieri e di oggi”XVIII EDIZIONE - Arcade, 5 gennaio 2013
Segnalato
La via di Lorenzo
di Giovanni Scanavacca - Lendinara (RO)
Là dove il sentiero si fa stretto e la salita ripida comincia il Viaggio.
Viaggio nei luoghi e nel tempo, nella memoria e nei sentimenti.
Là dove il cielo sembra incontrare la terra e questa pare volerlo raggiungere si svolsero i fatti che ci interessano.
All'incirca un secolo fa il silenzio delle valli e delle vette fu turbato dal tuono dei cannoni. La roccia violentata dall'esplosivo accolse uomini piccoli e vulnerabili offrendo loro riparo, protezione e, spesso, pace eterna.
Non bastò a placare le brame dei potenti la maestosità delle vette né lo scroscio dell'acqua a formare i torrenti.
Là si fronteggiarono, spesso loro malgrado, uomini ignari dei motivi che li avevano condotti fin lassù fra i quali, a dispetto delle circostanze, talvolta nacque una strana solidarietà.
E il sole la sera continuò ad accarezzare le vette regalando loro il suo rosso più bello prima di consegnarle alla notte. E la luna non fu da meno dipingendone d'argento i contorni.
In montagna, alta montagna l'uomo è piccolo, o meglio torna ad essere piccolo e a confrontarsi con una natura grandiosa e potente. E là, come in mare, egli deve essere attento, guardingo per non cader preda della superbia e di conseguenza vittima della natura.
Dalle cime innevate comincia la storia di Lorenzo, storia di sentimenti, prima che di fatti, di principi prima che di azioni. E ciò rimane a memoria perenne a dispetto di chi si ostina a credere che la storia sia solo dei potenti.
Cosa gli fosse successo prima di quei giorni del 1916 mi è ignoto come sconosciuta è la gran parte delle storie minime della maggior parte degli uomini che hanno popolato e popolano questo pianeta. A differenza dei potenti dei quali molto ci viene tramandato tranne, forse, ciò che più conta: i sentimenti. Trame, complotti, esercizi di diplomazia tutto diventa storia e fredda cronaca. Il cuore è altrove. Esso è con quelli che non hanno voce e che nelle rappresentazioni degli storici sono solo comparse.
Ai piccoli restano la quotidianità, la fatica, il dolore e solo raramente la gioia, ma sono loro che sanno vedere il rosso di un tramonto e capirne il senso. Per loro ogni giorno l'affresco del creato si accende in una specie di misterioso risarcimento, di contrappasso a rovescio.
Lorenzo, dicevo, si trovò in quei giorni in una delle tante trincee. Per sorte gli toccò di essere dalla parte italiana, ma avrebbe potuto essere facilmente dalla parte austriaca tanto era labile il confine che all'epoca divideva le due nazioni. So solo che il giorno di Natale di quel 1916 mentre era di vedetta si accorse che qualcuno dei nemici stava salendo su un picco a lui ben noto dalle parti di Cima Undici. Il binocolo non si staccò dagli scalatori, un paio, che arrancavano in parete. Conosceva alla perfezione la via per arrivare in cima e sapeva perfettamente che un passo falso avrebbe significato cadere di sotto.
"Tenente! Li tiro giù?"
Chiese un mitragliere armando il suo pezzo.
''No. È Natale. Anche se arrivano in cima non ci possono far nulla. Non hanno armi a lunga gittata che arrivino fino alle nostre linee. Chi ha dato l'ordine di salire fin là è un perfetto incompetente. Mette a repentaglio i suoi uomini per niente. È già tanto che arrivino fino alla vetta senza cadere. Siamo solo in due o tre ad aver scalato in inverno quella vetta."
"E allora perché stanno salendo fin là?"
"Vorrei saperlo anch'io, so solo che la stupidità umana non ha limiti. Del resto ti pare intelligente questa guerra?"
Parlando non perdeva di vista i due in arrampicata.
"Uno è esperto, l'altro fa fatica. Ho idea che faranno una brutta fine."
Non aveva finito di parlare che l'imprevisto accadde e uno dei due perse l'appiglio. Bastò qualche attimo e la disgrazia si consumò e uno degli scalatori si ritrovò sospeso nel vuoto.
"Come previsto. Il novellino è scivolato ed ora è successo un bel guaio. L'altro non ce la può fare a tirarlo su."
"Allora tenente cosa succederà?"
"Se non lo tira su cadono entrambi, a meno che uno dei due abbia il coraggio di tagliare la corda. Servirebbe un terzo per risolvere la situazione, ma non c'è."
Quello che accadde in seguito rimase nelle leggende degli alpini per decenni. Dalla parete partì un fischio modulato.
Lorenzo si irrigidì e rimase in ascolto. Il richiamo fu ripetuto subito dopo.
Lorenzo rispose con un fischio identico.
"Cosa significa?" Chiese il mitragliere.
"Significa che quello più esperto è Fritz, il mio compagno di scalate. Lui è austriaco, io italiano, ma siamo cresciuti assieme. I nostri paesi sono a poche centinaia di metri l'uno dall'altro. Sapevo che anche lui era da queste parti."
"E adesso?"
"Devo provare a tirarli giù."
"Sta impazzendo? Sono nemici!"
"Cosa vuoI dire nemici?"
L'artigliere non seppe rispondere. "Datemi l'attrezzatura, vado a tirarli giù."
"Finirà davanti alla corte marziale!"
"Tu credi? Dovranno dirmi quale norma mi vieta di salvare un amico."
E Lorenzo il giorno di Natale del 1916 si preparò a scalare un picco vicino a Cima Undici per aiutare un amico, o un nemico? Neppure lui lo sapeva. Nella confusione della guerra nessuno poteva sapere chi fossero gli amici o i nemici. Diciamo che si preparò a rischiare la pelle per un paio di uomini.
Attaccò la roccia dalla parte italiana e le centinaia di occhi che seguivano la salita capirono subito che ci sapeva fare.
"E' un nemico!" Disse un cecchino austriaco, ma fu zittito dal suo superiore. "E' uno che ha del fegato!"
"E' un traditore!" Commentò un capitano italiano.
"E' uno che conosce la montagna!" Gli rispose il colonnello. Osservalo. Vorrei che tutti i miei uomini fossero capaci di comportarsi così.
"E le norme che ci vietano di fraternizzare con il nemico?" Protestò il capitano.
"Sono regole e tali restano. I miei uomini hanno cuore e coraggio, ciò conta più della fredda burocrazia. Se vogliamo vincere dobbiamo dimostrare di essere migliori. E per farlo ci sono molti modi. Questo è uno. Guarda e impara. Impara ad avere coraggio, impara a stimare il pericolo e ad affrontarlo, impara a non essere stupido!"
E al capitano non restò altro che nascondersi dietro le lenti del binocolo.
La via che Lorenzo prese per raggiungere i due in cordata era strana, differente da quella che i "nemici" avevano seguito all'inizio, ma si capì subito che gli avrebbe permesso di salire in fretta. Tutti sapevano che c'era poco tempo e cominciarono a fare il tifo per lui.
Si trattò di un esercizio atletico di grande livello, ma arrivò dove voleva e riuscì prima ad assicurare il sospeso a una cima e poi ad aiutare l'amico Fritz a calarlo su uno spuntone più sotto:
Quando si capì che l'operazione era andata a buon fine da entrambe le linee si alzò un applauso corale.
Questa è la storia della "Via di Lorenzo" come è stata tramandata.
Di Lorenzo altro non so, come di Fritz, del suo compagno, del capitano e del colonnello.
Il primo a parlarne fu il mitragliere che quel giorno capì che è più difficile salvare che uccidere.
Il colonnello non fece rapporto.
Il capitano continuò a non capire e a scrutare l'orizzonte nascosto dietro il binocolo e ai regolamenti.
Forse furono tutti inghiottiti dalla tragedia della guerra o forse no.
Mi piace pensarli a guardare Cima Undici in tempo di pace.
Del protagonista unica memoria rimasta, oltre al nome, è il sentimento.
So che di lui si parla ai soccorritori per far capire che spesso un modo per raggiungere il fine si può trovare, ma anche per dire che solo chi si prepara a dovere può sperare di essere d'aiuto agli altri.
Là dove la via è più ripida si scoprono gli scalatori, là dove per i pavidi il percorso sembra finire, comincia il cammino dei coraggiosi.
Per chi cerchi quella via, il cammino inizia non dalle rocce delle Alpi, ma dal cuore, perché è là che essa si nasconde ed è da là che essa parte. La "via di Lorenzo" fu nella memoria dei testimoni prima che nelle pietre di Cima Undici.
Ciò che mi piace notare però è che, dal giorno di Natale del 1916, la "via di Lorenzo" nei racconti di montagna è diventata quella di chi sfida l'impossibile, di chi rischia in proprio senza sperare in ricompensa, di chi sa essere coraggioso senza essere incosciente.
Per questo ne do conto.
Per questo cerco di perpetuare la memoria antica, perché so che ogni guerra finisce dove comincia il cuore e che ogni uomo ha in sé briciole d'infinito.
È memoria ricordare che si racconta che sui chiodi piantati da Lorenzo ogni primavera rinascono le stelle alpine. Chi crede sia solo leggenda ha molta strada da percorrere.
Facesti come quei che va di notte, che porta il lume
dietro e sé non giova, ma, dopo sé fa le persone dotte.
(Dante, Purgatorio, XXII, 67-69)