La scuola di Anna - Gruppo Alpini Arcade


Associazione Nazionale Alpini


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La scuola di Anna

Tutte le edizioni > Edizione05
ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI
Sezione di Treviso e Gruppo di Arcade

PREMIO LETTERARIO
Parole Attorno al Fuoco
PREMIO NAZIONALE PER UN RACCONTO SUL TEMA

“La Montagna: le sue storie, le sue genti, i suoi soldati, i suoi problemi di ieri e di oggi”

V EDIZIONE - Arcade, 5 Gennaio 2000
Primo classificato

La scuola di Anna

di Isabella Baricchi - Genova



La donna di Sante non vive più tra queste montagne, ma certo, ricorda- ogni ruga una gioia, e ogni volta un dolore - e racconta ancora, talvolta. spezzoni di storie, anni lontani, ma vivi nella memoria. Noi, che non abbiamo trovato ancora un luogo dove piantare, per sempre, le tende, dove fissare le nostre radici, torniamo là per aggrapparci alle sue, ben salde, profonde nella terra dei funghi e dei castagni, nel sottobosco di vipere e cinghiali. Veniamo alla casa vecchia un secolo, dove Sante amò Anna, tante volte, di nascosto, e dove il loro amore, più della guerra, segnò i loro giovani spiriti già induriti dal gelo e dalla fame di quegli inverni.
Allora avevano poco più di vent'anni e mia nonna aveva ottenuto il suo primo incarico come maestra in quel paese che sfuggiva ai cartografi, stretto tra l'Appennino e le Alpi Apuane. Mia nonna veniva da Genova e aveva studiato- era una famiglia ricca, la sua- ma ora abbandonava la città con i suoi agi, la sua famiglia con i suoi conformismi- erano gente perbene, loro -, per andare verso qualcosa che potesse sentire veramente suo- non sapeva, allora, cosa. Salì su quel treno lasciando quello che non le poteva più bastare. per trovare rifugio in un posto dove il treno neanche arrivava - c'era quella montagna, e la galleria sarebbe costata, dopo, enormi sacrifici -. Perciò, fece chilometri e chilometri a piedi -e capì, subito, che quelle scarpe troppo alte non le sarebbero più servite. Così giunse a Antognano: paese di mezzadri, di contadini e di pastori, di un odore fortissimo di letame, dove le stalle e le case si confondevano, e la gente era a piedi nudi e le donne vecchie di sole e di fatica.
L’arrivo della maestrina, se lo ricordano ancora tutti- quelli che c'erano e che vivono ancora -quel viso quasi bambino, quell'espressione smarrita, guarda quella valigia di pelle- chissà quanto costa. Il fattore in persona l'aveva accolta- il proprietario di tutte quelle case, dei campi, dei prati, dei raccolti, delle bestie e degli uomini e delle mogli - e l'avrebbe ospitata a casa sua - una signorina del suo stampo non avrebbe potuto, mai, vivere con quella gente rozza e maleducata, che dormiva dieci persone in una stanza, o anche di più.
Ma la signorina Anna non aveva lasciato la bambagia per chiudere gli occhi un altra volta, bensì per aprirli, se possibile, anche agli altri, e aveva sentito subito in quella sera di settembre un calore nuovo, un'emozione forte e un coraggio maturo. Cambiare paese non basta a cambiare dentro, ma la scelta di trovarsi soli, a vent'anni, ad affrontare la vita, può aiutare a trovare quella che sarà la nostra strada. forse.
Così la piccola Anna si trova d'un tratto in quell'angolo sperduto di mondo, che del resto del mondo ha un'idea vaga, o non ne immagina nemmeno l'esistenza. Qui i monti negano l'orizzonte, allo stesso tempo difendono e imprigionano. La piccola Anna che era, diventa Anna la maestra e quella catapecchia diventa una scuola e quei figli di pastori e contadini una classe - ma a cosa gli servirà saper scrivere o leggere, se la loro vita sarà qui, signorina, se permettete. Qui l'importante e sopravvivere, sapete: sopravvivere agli inverni, mangiando in dieci un boccone di polenta, - perché la carne solo voi la mangiate- e saper mungere e saper arare e non perdersi nei boschi e non cadere nei dirupi. E anche per Anna passa l'inverno - ed è gelido persino per lei, che, pure, ha un cappotto pesante -ma quell'anno il raccolto è stato scarso e le mucche hanno fatto poco latte, e a scuola ci deve andare comunque. E qui non c'è altro da fare che scaldarsi col fuoco e coi vino e pregare che l'inverno passi - e che non se ne porti via tanti.
Ma a primavera si ricomincia a stare bene e i bambini servono di nuovo nei campi - tanto le nostre pecore sono cinque, non importa che ne conti di più. E un giorno di marzo qualcuno bussa alla porta della scuola, permesso, signorina Anna ah, ma siete sola... scusateci, siamo proprio degli ignoranti, ma le famiglie ora hanno bisogno dei figli per lavorare.., intanto Anna guarda Sante, lo guarda bene, per la prima volta, quell'uomo giusto, quelle mani callose, salde, come le muove in continuazione, non lo sta neanche a sentire insomma, potete, signorina?.. Cosa? Si mi chiedevo, ecco, se potevate insegnare anche a me, magari solo a firmare col mio nome, sa, può sempre servire, voglio andare in città, appena posso... Possiamo iniziare anche ora... Si, ora posso anch'io... Cerco una penna, un quaderno, ma dove li ho messi... Sante rise, e aveva una risata forte, sincera... Quel giorno Sante imparò a scrivere il suo nome, e lo imparò dalla bocca bella di lei, dalle mani lisce e cicciottelle che lo guidavano… su, riproviamo.. . Che c'è, perché ti sei fermato? Scusa, sei così bella... Ora sono le mani di lui che la portano lontano fuori e le mostrano luoghi mai visti- luoghi dei mondo e luoghi dell'anima... Senti quest'aria, quassù, solo, mi sento libero.., e poi quelle mani la stringono e insegnano, a lei. maestra, l'amore.
Tutti sapevano, dopo poco, dell'Anna e di Sante - nei paesi, si sa, nulla è segreto - ma al fattore non si doveva dire nulla -non avrebbe certo gradito... Così quella ragazzina di città aveva conquistato la simpatia della gente - ora stava spesso con loro, se poteva, e cercava di imparare qualcosa - ma. poverina, non ci è proprio portata, è meglio che se ne torni sul libri, a ognuno il suo mestiere.. Lei la sua scuola non voleva lasciarla, ma aveva anche capito che il suo posto ora era li, tra quel monti e quella gente aspra e semplice, accanto al suo bel Sante - e come la invidiavano, le ragazzette, per questo.
Al nuovo settembre scoppia la guerra e si porta via i giovani e poi anche meno giovani. Sante non lo sa perché deve combattere e Anna non vuole, vuole che resti, ma lui va, con gli altri, tra i primi. Certo il mondo si ricorda di noi solo in questi momenti, la guerra arriva anche qui ... Il fattore decide di andare in città, torna a Lucca, da lì potrà seguire meglio gli eventi della nostra Patria.., se ne vada anche lei.. signorina, è meglio che torni dalla sua famiglia, là potrà stare più al sicuro, certo, che non qua, dove la fame si fa anche in tempo di pace... La ringrazio, non posso, aspetterò qui... Fu cosi che l'amore di Sante lo attese notte e giorno per anni, e lui le spediva lettere, e lei leggeva alle spose notizie dei loro mariti, e a volte riusciva ad andare in città e comprare il giornale, ed era un evento.
La vita al paese continuava, erano rimaste le donne e i vecchi e i bambini, ma poi qualcuno cominciò a ritornare, ferito o scappato, e poi tornò anche Sante, con le stampelle e lo spirito sconquassato- sempre più fortunato di quelli che sono ancora là, non sai che inferno. Ma la guerra insegna la precarietà e non c'è tempo da perdere, presto, sposiamoci, prima che la vita ci separi di nuovo... Vanno a abitare in una capanna, che Sante ha rimesso a posto come meglio poteva. Un matrimonio in tempo di guerra, fu forse il più povero dei matrimoni di Antognano - ma la gente lì festeggiò per tre giorni e tre notti e loro si amavano alla follia.
E la vita era difficile per due che non si piegavano e non rinunciavano alla libertà. Anche in quell'angolo sperduto di Toscana, ormai non era possibile vivere senza la tessera del partito e opporsi ai capoccia fascisti. Vennero a prendere Sante tante volte, lo picchiavano e lui non cedeva e una volta gli ruppero il braccio destro perché sapeva scrivere.., e Anna era come se fosse con lui in ogni momento e ne era orgoglio- sa di quel marito così forte e sicuro e onesto fino in fondo... Anna voleva scappare, ma scappare dove...
Poi viene il quarantatré e Sante riprende le armi e combatte per liberare i suoi monti. I tedeschi lo sanno che Anna è la moglie di un partigiano, ma lei non dirà niente, possono farle quello che vogliono.., in paese i partigiani li aiutano tutti e le ragazze rischiano la vita per portar loro da mangiare, e i vecchi li nascondono - un paese è anche questo: una famiglia grande e un posto per ognuno. Quelle montagne li riconoscono e li vegliano, questi uomini che sperano e muoiono, e quei boschi imparati a memoria diventano per loro una casa. Anche quella piccola Patria aveva scelto la sua parte.
Anche allora Anna la fragile - forte non rinunciava a vedere Sante e in quei rifugi, tra armi e munizioni lui la guidava con la dolcezza di una volta, e più di prima era la voglia di rendere quell'attimo eterno.
Gli anziani dicono che la resistenza sulle nostre montagne fu ancora più dura e più sofferta, perché i nostri sono i monti della linea gotica. La guerra se ne portò via parecchi e lasciò i cuori più duri di prima e le membra invecchiate come di un secolo. La piccola Anna e il bel giovane Sante erano tra i sopravvissuti a quella tragedia che solo il loro amore poteva aver loro permesso di sopportare.
Il dopoguerra volle dire ritorno a come si era -ma si era di meno, e il fattore non tornò mai, perché aveva fatto fortuna col regime, e dopo l'avevano fatto fuori. La scuola riapre e ora altra gente, come Sante, anni prima, vuole imparare a scrivere -perché la guerra li ha avvicinati al resto d'Italia, il nostro mando non finisce più, qua... andiamo, tanto qui non lasciamo niente. In tanti vanno via, a Genova, La Spezia, Massa... alcuni vendono tutto per un biglietto per l'Australia, venti giorni in nave, e poi finiscono a faticare più di prima, tra le canne da zucchero... ma ognuno deve pur poter decidere dove stare.
La moglie di Sante aspetta un bambino, figlio di questa nuova pace. Lei non vuole lasciare queste valli dove ha costruito quella se stessa che è ora, dove le sembra di essere stata da sempre, dove tutto, ormai, le appartiene, dove lei si sente parte di un tutto. Ma Anna, nostro figlio non può crescere qui, deve vedere tutto quello che c'è ancora, avere quello che gli altri hanno e che qui non c'è mai stato... come lo hai avuto tu.
Poi iniziano i lavori per la galleria.., vedi, abbiamo lottato e sofferto, ma ora si ricordano di noi... La galleria è quella che porta il treno vicino a Antognano. Anna se lo ricorda ancora, quando, dieci anni prima era arrivata proprio con quel treno, e con la sua valigia di pelle e quelle ridicole scarpette aveva camminato e camminato tutto intorno alla montagna. Porterò il treno, qui, per te e il nostro bambino. Così Sante inizia a lavorare nella galleria, come tanti altri uomini, tra quelli che erano rimasti, e scavano come bestie per anni e anni e la sera vedono la luce, ma per me la vera luce siete voi, tu e nostro figlio, e quando la galleria sarà finita voglio portarlo a Genova, a vedere il mare... e deve studiare.
Infatti andarono, i tre, a Genova, ma molto prima di vedere il treno oltrepassare la montagna, la malattia dei minatori, la silicosi, non risparmia neanche il fisico forte di Sante, che va a morire lontano dalle sue nevi e dalle sue vacche.., ma sono contento di averti chiesto, un giorno, di insegnarmi...
Lui le aveva trasmesso la sua forza, nel lasciarla ancora sola. E lei restò a vivere in città, con suo figlio, che poi sarebbe mio padre, e la famiglia che questi creò, quindi noi. Ma la vedeva di Sante tornò spesso lassù, finché poté decidere di farlo, e volle che anche i nipoti amassero quanto lei quei monti che l'avevano vista tante volte tremare- per la passione e la paura - che respirassero anche loro quell'aria, che le aveva scavato ti volto.
Guardo mia nonna e penso a come siamo impotenti di fronte al tempo che impietoso ci logora. Mi domando come quelle mani scomparse sotto le vene e quelle cosce ormai immobili abbiano mai potuto stringere un uomo di un amore così forte. Allora mi viene in mente di quando, poco tempo fa, noi due salutammo il mattino con la convinzione che ci saremmo amati di più se la nostra esistenza fosse stata più difficile, se ogni giorno fosse stata in dubbio la vita: perché di certo la montagna, la guerra, il sacrificio, esaltano le emozioni, rafforzano le unioni - ma forse questa era solo una scusa utile e poetica per giustificazione la nostra mediocre indolenza nell'amare, la precarietà inaccettabile delle nostre scelte.
Ora Anna guarda Sante, nella foto, sul comò, e anche se non riconosce più noi, riconosce lui, lo so di certo. Testimone inconsapevole di un secolo, nonna Anna, di nuovo larva, inspiegabilmente insegni a noi, farfalle, la vita.
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