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ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI
Sezione di Treviso e Gruppo di Arcade
PREMIO LETTERARIO
Parole Attorno al Fuoco
PREMIO NAZIONALE PER UN RACCONTO SUL TEMA
“La Montagna: le sue genti, le storie di ieri e di oggi”XXVIII EDIZIONE Arcade, 5 gennaio 2023
Segnalato
SUL CAPPELLO
di Fonso Maria Rosaria
Adria (RO)
"Te l'ho visto sai quel sorrisino poco simpatico ... "
Vittoria, seduta in auto di fianco al nonno, lo guardò con aria interrogativa. Ma per lui, concentrato nella guida, il discorso sembrava concluso.
"What?" chiese per avere ulteriori spiegazioni.
"Sabato scorso. Premiazione" le rispose sintetico. Poche parole, ma sufficienti a inquadrare l'episodio a cui si riferiva.
Acc! Dunque l'aveva vista. Eh sì! Non era riuscita a trattenere una risatina davanti a quegli Alpini in giacca e cravatta, ma col caratteristico cappello in capo, che cantavano con tutta la passione che avevano in gola, davanti alla bandiera. Le erano sembrati ... come dire ... ridicoli ecco!
"Ti sbagli ..." disse Eleonora con una inflessione di voce che esprimeva esattamente il contrario di ciò che andava affermando.
Il nonno non replicò, forse perché impegnato a parcheggiare l'auto, forse perché non le aveva creduto. Fatto sta che l'argomento cadde, era tardi e lei doveva entrare a scuola. Lo ringraziò, prese lo zaino e scese.
Entrò nell'istituto rabbuiata da un leggero dispiacere. Voleva bene al nonno e mai e poi mai avrebbe voluto offendere il suo impegno e il suo orgoglio di essere e fare parte della famiglia degli Alpini, lui che era sempre presente ai raduni, disponibile alla solidarietà e all'impegno sociale. Sì, forse era stata sciocca, ma le erano sembrate davvero cose fuori tempo, lontane da lei anni luce.
Suonò la campanella e si affrettò a raggiungere la sua aula, dove Erika la stava aspettando per raccontarle le ultime news.
Vincenzo non era offeso, era semplicemente amareggiato che sua nipote, come tanti giovani di oggi, non comprendesse il valore del suo essere Alpino, non ne vedesse il senso e, addirittura, che trovasse buffo il loro stile.
Conoscendo la passione per la letteratura di Vittoria, aveva ritenuto buona cosa invitarla alla premiazione del concorso letterario voluto e organizzato dalla sua associazione per tramandare la memoria di gesta passate e al contempo tenere acceso quel fuoco che scalda e illumina il senso della presenza degli Alpini nella società odierna. Aveva pure insistito perché partecipasse. E Vittoria aveva acconsentito.
L'aveva sbirciata seduta tra mamma e papà in sala; l'aveva vista seguire interessata, con l'antologia tra le mani, applaudire e ascoltare attenta i testi dei racconti vincitori. Ma poi, quel sorrisino beffardo al momento del canto, gli aveva rivelato che Vittoria era distante dallo spirito e dal cuore dell'associazione che, al contrario, era parte profonda di lui nei valori che testimoniava e nella forza che lo aveva aiutato, e ancora lo aiutava, a vivere. Anche e soprattutto nei momenti più difficili.
Quando Vincenzo fu a casa, andò in cantina e rovistò nel baule, finché non trovò quello che cercava.
Vittoria corse verso l'auto del nonno che, puntuale come sempre, era andato a prenderla. Lui sorrideva. Meno male. Per tutta la mattina non era riuscita a scacciare completamente il sottile senso di colpa, scaturito da quel Te l'ho visto sai quel sorrisino poco simpatico e ora vederlo sereno la rincuorava. Oggi era il giorno in cui i suoi genitori avevano il rientro dal lavoro e sarebbe stata a casa dei nonni fino a sera. Diceva ancora casa dei nonni, anche se ormai era rimasto solo lui, dato che pochi mesi prima la nonna se ne era andata, dopo una lunga ed estenuante malattia, vissuta con mitezza e rassegnazione. Ma il nonno non si era lasciato abbattere, tanto che, anche se solo, aveva ripreso subito la routine quotidiana, assicurando ancora al figlio Gianni, molto impegnato nel lavoro insieme alla moglie, l'accudimento e l'aiuto per l'amata nipote, pranzo compreso. Abitare in un paesino di montagna e assicurare ai giovani la scuola desiderata a volte era difficile.
"Com'è andata?"
"Bene direi. Mattinata piatta e anche un po' noiosa. Spiegazioni, spiegazioni, spiegazioni. Non ne potevo più. Ho una fame!"
"Ho preparato un buon ragù. Quando saremo a casa, in un attimo la pastasciutta sarà pronta"
"Sai nonno la prof di italiano oggi ci ha parlato di Ungaretti"
"Di queste case non è rimasto che qualche brandello di muro ... "
"Proprio quella!" e rimasero in silenzio.
Vittoria sperò che il nonno avesse dimenticato "la risatina" di domenica. Vincenzo guidando, si ripeté mentalmente la poesia che conosceva a memoria; parole scarne, pregne di sofferenza, che mettevano a nudo la crudezza e la disumanità della guerra. Di sottecchi guardò la nipote e si augurò che almeno il poeta fosse riuscito ad aprirle un po' gli occhi su una realtà della vita apparentemente avulsa dal suo quotidiano fatto di cellulare, palestra, amici, ma così profondamente vicina alle vicende umane di ogni tempo ...
La giovane si accorse subito che sulla madia in sala, in mezzo alle tante foto incorniciate, ce n'era una mai vista. Era sbiadita, nei toni del grigio e ritraeva una graziosa ragazzina sorridente evidentemente d'altri tempi, con due trecce scure che uscivano dal fazzoletto annodato dietro a ricoprirle il capo. Sopra il fazzoletto indossava un cappello da Alpino che le stava decisamente grande.
"Mi assomiglia" disse a se stessa Vittoria stupita. Prese la cornice tra le mani e andò in cucina, dove il nonno stava scolando gli spaghetti.
"Chi è?" gli chiese mostrandogli la foto.
"Eleonora" rispose Vincenzo "Sorella di nonna Gilda, la mamma di mia mamma. Ma ora mangiamo, poi ti dico".
Finito il pranzo Vittoria si adoperò per sparecchiare e caricare la lavastoviglie, come al solito, mentre Vincenzo si portò nell'orto ora nel riposo invernale, a rifornire di cibo la ciotola del vecchio gatto Coso, così appellato per mettere tutti d'accordo, visto che ognuno della famiglia aveva proposto un nome che non andava bene all'altro.
Nonno e nipote si ritrovarono poi sul divano in sala.
Vincenzo guardava la tivù, e intanto sperava che Vittoria chiedesse di Eleonora. Ma la ragazza, cominciò a smanettare col suo cellulare, leggendo e inviando messaggi, ora sorridendo, ora corrucciandosi interrogativa.
Finalmente, distogliendo gli occhi dal telefonino, li andò a posare sulla foto:" Non dovevi dirmi di lei nonno?"
"Certo", rispose lui che non aspettava altro. Spense la televisione: "La mia anziana nonna già da piccolo mi faceva sedere sulle sue gambe per raccontarmi di "zia Eleonora" e della sua storia che poi ancora mi ripeté spesso nel tempo, e ogni volta le si inumidivano gli occhi." Fece una pausa, raccogliendo quel ricordo lontano di più di sessant'anni, eppure così vicino e vivido nel suo cuore.
"Era sua sorella" riprese indicando la foto "di cinque anni più grande di lei. La descriveva esuberante, bella, allegra, premurosa, con una bella voce, canticchiava sempre, come se nella sua testa ci fosse una radio accesa. Un uccellino canterino- diceva mia nonna, e poi specificava - un fringuello alpino, sai, di quelli che vivono in alto e non se ne vanno neanche in inverno. Come lui era esile e minuta, ma forte e determinata -.
C'era la Grande Guerra e il padre Ivo era al fronte; lei primogenita aiutava sua madre, principalmente ad accudire la sorellina Gilda mia nonna, ma anche nel lavoro dei campi e nelle faccende di casa. C'era molta, molta miseria allora. Venne il giorno in cui del padre tornò solo il cappello da Alpino. Quello vedi?" Vittoria annuì silenziosamente, fissando la foto di Eleonora e il suo viso così piccolo sotto quel copricapo di panno infeltrito con a lato una penna scura tronca. "Il papà era morto in battaglia; il commilitone accorso che aveva raccolto il suo ultimo respiro, aveva pensato pietosamente di recuperare il suo cappello volato sulla neve, per restituirlo alla famiglia, consapevole che il povero Ivo avrebbe trovato un sepoltura frettolosa in qualche fossa comune. Furono giorni ancor più dolorosi della faticosa e misera vita che già conducevano per colpa della guerra. Ma Eleonora non si lasciò fiaccare, anzi, trasformò il dolore in solidarietà: aveva l'età giusta per affiancare sua madre nel faticoso e duro compito di scalare la montagna per portare viveri e rifornimenti ai soldati sul fronte. Lo volle fare e lo fece. Come puoi ben immaginare non erano passeggiate, ma salite faticose, con qualsiasi tempo e sotto il continuo fuoco delle artiglierie nemiche. Lei non lo seppe mai, dato che si sarebbe molto arrabbiata, ma le altre donne portatrici si accordarono per fare in modo di riservarle la gerla meno pesante. Era la più giovane ed erano contente di averla nel loro gruppo, portava allegria e leggerezza; nonna diceva che nessuna l'aveva mai sentita lamentarsi del freddo, della fame e della fatica. E neanche della paura quando le bombe esplodevano troppo vicino: portava sempre con sé il cappello grigio-verde con la penna spezzata che era stato di Ivo, sgualcito, macchiato del suo sudore e forse anche del suo sangue, ed era come averlo vicino diceva lei, le infondeva coraggio e forza, per dare aiuto a quelli che ancora combattevano, in memoria di suo padre e di tutti coloro che su quei sentieri inospitali e impervi avevano dato la vita."
Vincenzo stette un attimo in silenzio, indugiando. Vittoria capì che il finale non sarebbe stato lieto e che forse il nonno provava un certo pudore e una sorta di ritrosia nel raccontare il seguito, che si annunciava spiacevole.
"Dai nonno, non sono più una bambina ... !"
Tra loro funzionava così: non servivano molte parole per capirsi, in silenzio si erano già parlati. E compresi.
"Sì, giusto" commentò l'uomo e riprese: "In un giorno freddissimo, di ritorno dalla trincea, con la gerla carica di indumenti da lavare e da aggiustare dei soldati, Eleonora, che calzava degli zoccoli in legno, scivolò su un tratto ghiacciato e cadde, la gerla volò via e lei batté rovinosamente la schiena sulla roccia. Quando la madre e le altre accorsero per soccorrerla, le tranquillizzò, affermando di stare bene. -Andiamo- disse e si alzò di nuovo in piedi, mentre il dolore le faceva storcere la bocca. Voleva recuperare il suo carico e, soprattutto, il cappello del padre che, sbalzato fuori dalla gerla, era caduto poco distante. Fece alcuni passi ma poi stramazzò a terra, con gli occhi al cielo e le mani sul petto all'altezza del cuore che stringevano l'amato cappello che era riuscita a raggiungere. E per lei non ci fu più niente da fare."
Cadde il silenzio. Nonostante Vittoria si fosse preparata a un finale tragico, rimase colpita e commossa davanti alla storia di quella sua giovane antenata che, oltretutto, fisicamente le somigliava non poco. Anche il nonno aveva gli occhi lucidi e oggi come non mai, comprendeva l'emozione della nonna Gilda quando gli raccontava la storia della sorella.
"Però, che vicenda!" Sussurrò Vittoria desiderosa di interrompere un silenzio che stava diventando doloroso.
"Come un vero soldato Alpino, venne sepolta con tutti gli onori nel piccolo cimitero di fianco alla chiesa, nel paesino dove abitavano ai piedi della montagna. Se ti interessa un giorno ci possiamo andare, non è troppo lontano da qui."
"Certo!" rispose la nipote evidentemente coinvolta "Ma ... il cappello?"
"La madre lo lasciò tra le mani della figlia, e venne sepolto con lei".
Vittoria pensò alla premiazione di sabato scorso, al canto, e all'orgoglio di essere Alpino.
"Scusami nonno. Sono stata superficiale".
Lui la guardò, sorrise e le strinse affettuosamente un braccio: "Vai a studiare, ora. Su!"
Dopo due mesi arrivò il lockdown. La scuola si stava organizzando per rendere possibile un po' di didattica a distanza. Fermo anche il lavoro dei genitori di Vittoria, che si ritrovò chiusa in casa, stranita, come tanti, da quella strana situazione inedita e per certi versi sconvolgente. Meno male che c'erano il computer, il cellulare e, soprattutto, le videochiamate con Lorenzo, un ragazzo al quinto anno del suo stesso istituto. Le piaceva; si piacevano.
Il telegiornale parlava di pandemia, di emergenza, di morti e di guerra al virus; e il pensiero di Vittoria correva spesso alla figura di Eleonora, protagonista e vittima di una guerra vera, dove il nemico era visibile.
-Ma quale era il nemico?- Rifletteva la giovane - Il ragazzo austriaco appena oltre la linea di confine, mandato pure lui a combattere? O il nemico forse era la concezione stessa di guerra che divideva sanguinosamente gli uomini tra di loro, portando solo distruzione nelle città e nelle vite delle persone, specialmente le più indifese? Quanto era meglio lottare per portare sollievo, conforto, vicinanza umana alla gente?- Questo si chiedeva Vittoria, mentre, guardando la strada deserta fuori dalla finestra, vide arrivare davanti alla casa di fronte il pulmino grigio che portava la spesa e i farmaci ai cittadini più fragili. Sorrise, stavolta di compiacimento, quando vide scendere il volontario col gilet ad alta visibilità, la mascherina e in testa l'inconfondibile cappello con la penna puntata dritta verso il cielo. Aveva preso uno scatolone pieno e ora stava suonando il campanello.
-I Portatori del duemilaventi!- pensò Vittoria.
Vincenzo, dopo una settimana chiuso in casa, si era chiesto come avrebbe potuto rendersi utile in quella situazione, come lui anche gli altri amici dell'Associazione: in pochi giorni vennero organizzati e coordinati gli aiuti per chi non poteva procurarsi il cibo o le cure. E ora guidava il furgone per molte ore al giorno nelle strade prive di traffico. C'era molto da fare; molte persone da sostenere, incontrare, confortare, incoraggiare. Non poteva non farlo, questa era la sua vita.
Quando gli squillò il cellulare, parcheggiò nella provvidenziale piazzola di sosta a lato della strada. "Scusa" disse all'amico di fianco. "Faccio presto" Scese. Era Vittoria.
"Pronto, ciao tesoro!"
"Ciao nonno, ti disturbo?"
"Quando mai!" rispose sorridendo Vincenzo
"Senti, io vorrei mettermi a disposizione per dare una mano, meglio se col volontariato che state facendo voi. Sai indicarmi come devo fare?"
"Sì, di bisogno ce n'è. Specie di giovani. Ok mi informo."
"Senti nonno, ci sarebbe anche un ragazzo interessato, Lorenzo."
Dal lieve imbarazzo che percepì, Vincenzo comprese che questo Lorenzo era per lei un po' speciale.
"Quindi siete in due. Bene. Entro stasera ti so dire."
"Ok nonno ci sentiamo. Grazie"
"Grazie a te Vittoria. Davvero, grazie a te."
Chiuse la comunicazione, mentre un'onda di affetto e di speranza lo avvolse, tanto da provocargli un nodo in gola.
Ma si sbrigò a salire al suo posto di guida: c'era ancora molto da fare.