Gruppo Alpini di Arcade - Sezione di Treviso |
Premio letterario nazionale Parole attorno al fuoco XVII^ edizione - Arcade, 5 Gennaio 2012 per un racconto sul tema: "Genti, soldati e amanti della montagna: storie e problemi di ieri e di oggi" |
SEGNALATO |
LA BAITA
DI ANNAMARIA GRANATO FIRENZE
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La neve cominciava a cadere mentre Gustavo percorreva lo stretto sentiero in salita che lo portava alla baita sui monti. Il suo furgoncino vecchio e traballante avanzava a fatica nel pulviscolo bianco. Era stata una buona giornata per Gustavo quel ventiquattro Dicembre, la fiera di Natale si era svolta in piena confusione ed allegria, i banchetti colmi d’ogni genere di articoli, dai dolci ai giocattoli, dal miele ai formaggi, dal legno alle scarpe, aveva richiamato tutte le genti di valle. Gustavo aveva portato un gran numero di oggetti scolpiti con arte nel legno e incredibile a dirsi li aveva venduti tutti. E questo era proprio merito di Marianna sua moglie. “Gustavo — gli aveva detto con dolcezza l’autunno precedente — non puoi continuare a lavorare intorno a statue che anche se bellissime, solo pochi ti possono comprare, cerca di scegliere oggetti semplici come piatti, posate, ciotole, che piacciono a tutti, costano poco e vengono usate ogni giorno”. Gustavo non era contento, a lui piaceva scolpire grandi figure, ricche di pieghe e volute, ma si era reso conto che doveva essere più pratico se voleva guadagnare il necessario per se, sua moglie e la piccola Martina di tre anni. Il suo lavoro che consisteva nel riparare i tetti delle case non bastava, così durante l’inverno oltre che per i tetti del villaggio aveva lavorato molto seguendo il consiglio di Marianna. All’alba di quel mattino era sceso in paese col furgoncino pieno di tanti bellissimi oggetti fatti da lui e che Marianna aveva colorato e dipinto ed il risultato era stato incredibile. Aveva venduto tutto! Così era riuscito a fare le compere per la sua famigliola. Tanti biscotti e caramelle, una bella bambola e un libro di fiabe per Martina; il golfino azzurro che piaceva a Marianna, una grossa sciarpa per se e tante provviste di cibo. Ora con il furgoncino carico tornava a casa, alla sua piccola baita, sperduta sui monti dove da quattro anni viveva con Marianna. Il furgoncino ebbe un sobbalzo e improvvisamente si fermò. Gustavo scese e si guardò intorno. Era ormai buio e non capiva cosa fosse successo. No, il furgoncino non poteva fermarsi quella sera, era la vigilia di Natale e lui doveva portare i doni a Marianna e Mattina che lo aspettavano. La baita era lontana, a piedi ci sarebbe voluta più di un’ora e con quella neve quando sarebbe arrivato? Provò a mettere in moto, ma dal motore non uscì alcun suono. Cercò di guardarsi attorno nella fitta oscurità, ma non aveva nulla per far luce. Al buio cercò di capire cosa fosse successo. Probabilmente il vecchio veicolo aveva ceduto e ripararlo a quell’ora era impossibile. Era troppo lontano dal paese, ma essendo la vigilia di Natale, anche se fosse tornato indietro, nessuno dei valligiani avrebbe potuto aiutarlo. Erano tutti nelle loro case a festeggiare il Natale. Gustavo era disperato, pure doveva farcela lo stesso. Sarebbe andato a piedi. Cercò a tentoni i sacchi con le sue compere e se li pose sulle spalle. Erano così pesanti che quasi si piegò, poi con un ultima occhiata al suo veicolo, s’incamminò verso i monti. Faceva tanto freddo, la neve diventava via via più fitta e lui non aveva molto per coprirsi. La strada in salita si vedeva appena e meno male che lui al buio era abituato. Pensava a Marianna sola con Martina, in ansia per lui e si sentiva il cuore stretto. La neve cadeva in abbondanza ormai e il sentiero sembrava scomparso e fu proprio mentre si guardava attorno che udì uno strano rumore, come un brontolio sommesso. Aguzzò le orecchie e si accostò al monte. Fu un attimo, con un sibilo, e una ventata, una massa di terra gli rotolò al lato, rovesciandosi nel canale sottostante per ricadere in fondo alla scarpata con un boato. Gustavo atterrito, era rimasto schiacciato contro la parete senza osare muoversi. Dio, Dio, la frana! Era una frana! Aveva piovuto troppo in autunno, e adesso con il gelo, la terra indurita si era staccata dal costone. Quanto tempo Gustavo rimase fermo contro il masso, non lo sapeva, poi provò a guardare avanti e inorridì. La strada era scomparsa e c’era una lingua di terra e sassi che ostruiva il passaggio, e per arrivare alla baita, ora bisognava arrampicarsi sulla montagna. Si sentì morire perché, carico com’era, non ce l’avrebbe fatta certamente, ma quella era la sera di Natale e se la sfortuna ce l’aveva con lui, ebbene lui avrebbe sfidato la sfortuna. Era o no, uomo di monti? Sarebbe arrivato lo stesso. Le grosse bisacce amorosamente riempite, gli pesavano sulle spalle, le mani erano intirizzite e dolenti, gli occhi gli bruciavano per via della neve che gli batteva sul viso. Fece uno sforzo immane e si aggrappò alla parete cercando di arrampicarsi senza scivolare all’indietro,fino ad un tronco d’albero. Credette di svenire ma ci riuscì e quando fu in piedi tentò di vedere in quel buio, attraverso la cortina di neve, qualcosa di familiare e lo trovò, anzi lo udì. Il suo amico ruscello scorreva a valle, segno che la frana non ne aveva interrotto il cammino. Seguendo il consolante rumore dell’acqua e attento a non affondare nella massa terrosa ancora mobile, fece alcuni passi e finalmente lo vide. Si, era il Lindo, il ruscello che scorreva dietro il pianoro della sua baita e da dove Gustavo con un canaletto era riuscito a portare l’acqua fino alla casa, così Marianna non doveva fare troppa fatica per attingerla. Caro tranquillo Lindo, no, lui non gli era nemico, era sfuggito alla frana ed ora lo aiutava a ritrovare il sentiero della baita. Gustavo seguì a fatica, inciampando ad ogni passo, il corso dell’acqua che dopo una breve china si inoltrava nel bosco. Le grosse bisacce gli bruciavano le spalle, le mani erano tutto un dolore da quanto erano graffiate e le ginocchia gli si piegavano. Pure, andava avanti nel buio e ad un tratto udì o gli sembrò di udire un lieve scampanio, l’eco di un suono lontano che si, era certamente di campane. Come, già mezzanotte ? Certo, la gente del paese a quell’ora dopo la festa in famiglia si avviava alla messa. Perché lui era solo nel bosco, sotto la neve senza i suoi cari? Perché la sua vita era sempre difficile? Soffriva così tanto che non resse e scoppiò in lacrime. Piangeva come un bambino triste e deluso, oppresso dalla solitudine e fu proprio allora che guardando in su verso la sua baita nascosta fra gli alberi, vide tremolare una luce. Credette di sognare! Riprese vigore e s’incamminò verso quel lume e dopo un lungo tratto, sempre seguendo quella luce, ne vide un’altra più lontana e più avanti un’altra ancora e comprese... Cara Marianna, con l’istinto del cuore, intuendo che il suo uomo fosse in pericolo, era scesa lungo la montagna per illuminare il sentiero come poteva. Gustavo quasi correva adesso, oppresso dal dolore, ma correva e il respiro quasi gli mancava. Ad un tratto il bosco finì e il pianoro gli fu davanti con la baita illuminata. Urlò, “Marianna, Mariannaa, Mariannaa .... Poi cadde sul terreno. La porta della baita si aprì e Marianna corse scamigliata verso di lui, piangeva e tremava, rideva e lo abbracciava... “Credevo che non saresti più tornato, ho sentito il rumore della frana e pensavo che tu...” i suoi singhiozzi non si calmavano. Gustavo non riusciva ad alzarsi, si lasciava baciare e accarezzare come in un sogno, senza una parola. Rimasero a lungo stretti e la neve li ricopriva, finchè Gustavo riuscì a dire —“ Andiamo Marianna nevica, fa freddo, ma è Natale, bisogna far festa, aiutami a portare le bisacce” . Insieme entrarono nella piccola baita che mai era sembrata loro così bella. Il cane Dic, venuto loro incontro entrò subito, per accucciarsi felice vicino al camino acceso. La tavola era preparata e sul fuoco due pentole erano in caldo. In un angolo della cucina un piccolo abete adorno di fiori di carta rossa, faceva buona guardia ad un piccolo presepe di legno, intagliato da Gustavo, dinanzi al quale Marianna aveva acceso una candela. “Gustavo — gli disse sua moglie — è mezzanotte, vieni, prima di cenare ringraziamo il Signore per averti salvata la vita e darci la gioia del Natale insieme.” I due sposi s’inginocchiarono tenendosi per mano e pregando con fervore. Poi Gustavo porse le bisacce a Marianna che le aprì con esclamazioni di gioia, felice come una bambina. Quanti tesori ! Dolci e cibarie per giorni, giocattoli per Martina e perfino il golfino azzurro che aveva ammirato in paese tempo addietro. “Ma come hai fatto?” chiese al marito. “E’ un miracolo” ! “No Marianna — disse Gustavo — avevi ragione tu. Ho venduto tutto quello che avevo intagliato, i miei lavori sono piaciuti e un negozio me ne ha perfino ordinati alcuni. I tempi cambiano e anch’io devo seguirli. Spero solo di ritrovare il furgoncino senza danni, pensa, si è fermato all’improvviso e un attimo dopo è passata la frana. Sembrava proprio che qualcuno volesse aiutarmi. “ Marianna gli strinse la mano con gli occhi lucidi, poi corse di sopra per vedere se Martina dormiva. Tornò giù sorridendo e disse “Domani per nostra figlia, sarà uno splendido Natale” poi mentre Gustavo si lava le mani rosse e ferite nel vecchi catino, lei mise in tavola la zuppiera di cocco colma di polenta, preparò il piatto con il formaggio fresco e insieme sedettero per la loro semplice cena di festa lieti e sereni col cuore gonfio di amore e gratitudine. Dalla sua culla di legno il Bambino Gesù li benediceva.
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