Che un concorso letterario come “Parole attorno al fuoco” di Arcade
rappresenti una sorta di fiore all’occhiello per la Sezione Ana di
Treviso non è una novità. Anzi, rappresenta, con la realtà del
Portello Sile (luogo espositivo e di conferenze) e con quella
teatrale del “Progetto Bedeschi” di Onigo, la terna vincente, per
così dire, della realtà culturale scarpona trevigiana.
Una riprova la si ha in questa edizione del Premio, la quindicesima,
che ha visto tre conferme: quella del buon numero di partecipanti
(sessanta), la provenienza (da tutta Italia e dall’estero), il
livello di eccellenza dei primi tre racconti premiati e quello di
notevole dignità dei selezionati, fra i quali piace sottolineare il
testo di un alpino ultranovantenne della provincia di Biella.
Ancora: fra gli autori presi in considerazione dalla commissione
giudicatrice, taluni erano stati segnalati in precedenti edizioni
del concorso, confermando la loro validità e continuità nel lavoro
di narratori.
La giuria ha operato, come sempre, con serenità e affiatamento,
riconoscendo, appunto, il livello alto dei racconti, letti e
valutati assolutamente anonimi, come ricevuti dalla segreteria, e
quindi lavorando in piena trasparenza .
I segnalati sono:
“EL GRIO” NON SALTA PIU’…
di Enrico Brambilla – Almenno San Bartolomeo (Bergamo)
LA CATTURA
di Laura Vicenzi – Bassano del Grappa (Vicenza)
LA CONVIVENCIA, L’UMILTAT E LA MESURA
di Valter Ferrari – Tortona (Alessandria)
BIANCA
di Rita Mazzon – Padova
ITACA
di Paolo Pergolari – Perugia
LA MADONNA DI CASEN
di Aristide Albertazzi – Quittengo (Biella)
LA SCELTA DI TONE
di Pieraugusto De Pin – Arcade (Treviso)
La giuria conferisce come segue i PREMI SPECIALI
“Trofeo Cavalier Ugo Bettiol” per un racconto su tema di particolare
attualità a:
IL RINGHIO DELLA MONTAGNA
di Iosetta Mazzari – Vigonza (Padova)
Lo spunto è il recente sisma in terra d’Abruzzo: quel terremoto di
rovine e di morte che viene preannunciato, si legge nel racconto, da
una specie di ringhio. Due persone: un uomo e una donna, fra “l’urlo
della montagna” e “il silenzio del mondo”, e due amori: fra l’uomo e
la donna, nonché dell’uomo per la montagna. Una realtà drammatica
resa con un ritmo battente, essenziale, e una prosa scarna eppure
eloquente.
“Rosa d’argento Manilla Bosi sposa, madre e sorella di Alpini” per
un racconto avente come protagonista una donna a:
RICORDO CHE…
di Katia Tormen – Trichiana (Belluno)
Attraverso gli occhi di una bambina… - la bambina guardava -
scorrono il dolore, il tremore, la speranza, ultima a morire, di una
madre che vuol continuare ad attendere: “in spe contra spem” - viene
quasi da osservare - il figlio partito soldato e che dalla Russia
non ha più fatto ritorno. La bambina-sorella avrà un giorno i resti
di quel Caduto tanto attesi dalla madre. Delicatissima vicenda,
altrettanto delicatamente narrata, tra la consapevolezza
dell’amore-dolore della vecchia e la realtà personale di sentimenti
non compiutamente sentiti (e vissuti) quando si perde un congiunto
che poco si è conosciuto, come accaduto alla bambina.
La Giuria proclama vincitori della quindicesima edizione del Premio
“PAROLE ATTORNO AL FUOCO”
ALZO GLI OCCHI VERSO I MONTI
di Laura Gatti Casati – Voghera (Pavia) - 3° classificato
Un ritorno in montagna dopo anni, dopo una disgrazia che ha
stroncato una giovanissima vita, e il ricordo, il rimorso, del
sacerdote che quella comitiva di ragazzi aveva a suo tempo
accompagnato. Rimorso che è pure riflessione, meditazione,
confronto, sulla scorta, anche, delle opinioni di un vecchio saggio
alpino. Fra i monti, però, alzando gli occhi al cielo, si può
ritrovare la serenità della coscienza illuminata dalla fede e il
conforto della preghiera affidandosi al Signore.
PRADERADEGO
di Gian Domenico Mazzocato – Treviso - 2° classificato
Fra storia (il mondo degli zattieri) e favola, vita vissuta e
leggenda, le acque del fiume, gli anfratti, le grotte, il paese, la
famiglia, si dipana la vicenda di Vito, ragazzo innamorato della
natura. Fra il Bellunese (Mel) e la Marca Trevigiana (Miane),
Praderadego è il piccolo mondo di una realtà umana dell’Ottocento
non scevra da credenze e timori ancestrali, con voli di rapaci (maleauguranti
e mortiferi) fra il respiro dei monti e lo scorrere delle acque
della Piave. Un racconto che scorre proprio come quelle acque
fluviali: un ritmo lento, un respiro ampio, e un soffio di poesia
che alita sulla pagina, anche laddove arriva la morte.
UN VUOTO NEL BOSCO
di Karim Mangino – Salerno - 1° classificato
Sul filo della memoria, l’amore e la guerra, la natura e le stagioni
della vita, alla fine delle quali, il vecchio, stanco, partigiano
torna nel bosco stupendo, teatro della lotta, dove aveva perso gli
amici e la donna del cuore. Il “vuoto del bosco” è quello lasciato
dai morti impiccati dai nazisti, materialmente realizzato con
l’abbattimento degli alberi della morte nel dopoguerra.
Lì, nella visione di eventi lontani, anche per il protagonista
arriva la fine: in una dimensione di molta pace, di abbandono, di
catarsi, sotto il bianco della neve.
Il racconto procede con un ritmo fluido, toni sommessi (quasi),
lontani da qualsivoglia retorica, a volte con accenti lirici,
coinvolgendo, fin da un inizio ricco di mistero, il lettore.
Giovanni Lugaresi
Presidente della Giuria
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