Gruppo Alpini di Arcade - Sezione di Treviso |
Premio letterario nazionale
Parole attorno al fuoco
IX edizione - Arcade, 4 gennaio 2004
per un raccolto sul tema:
"Genti, soldati e amanti della montagna:
storie e problemi di ieri e di oggi"
Rosa d'Argento"Manilla Bosi: sposa, madre e sorella di alpini"
IL PRINCIPE DELL'AGO
di Mauro Caneparo
San Nazzaro Sesia (NO)
L 'ultima volta che a zia Virginia (Magna Gigna, come si dice in VaI Susa) apparve il "suo Principe Azzurro", fu in quel mattino di tarda primavera quando, seduta nell'ampia cucina che dava sul cortile...
La prima volta il principe le apparve tanti, tantissimi anni addietro, quando Magna Gigna aveva all'incirca quindici anni. In quel periodo, siamo nel 1913, Magna Gigna partecipò ad un corso di sartoria tenuto da una bravissima maestra che arrivava appositamente da Torino.
Le "sartine" di Torino, brave e famose, avevano iniziato a portare l'uso della macchina per cucire anche in provincia. Fu così che Magna Gigna, malgrado la giovane età, imparò facilmente l' arte ed i segreti della "Singer" a pedale, anche perché, fin dalla più tenera età aveva mostrato una notevole predisposizione per il ricamo: ago, ditale e filo parevano essere nati con lei.
Considerata la sua particolare bravura le venne proposto di trasferirsi a Torino presso una rinomata sartoria. Ma Magna Gigna non voleva abbandonare quelle quattro case che erano tutto il suo mondo: lasciare il paese di Borgone e la sua famiglia era impensabile. Lei così giovane e poi la città grande, no, mai!
Comunque le venne offerto un lavoro da ricamatrice: ella era precisa e veloce ed i suoi ricami diventarono in breve ricercati e ben pagati.
Fu così che conobbe Alfonso: il giovane, e che giovane, un vero uomo, alto e robusto, con due baffoni imponenti, le portava da Torino ogni quindici giorni il lavoro da fare e ritirava quello finito.
La prima volta che Magna Gigna lo vide, sicuramente abbassò lo sguardo ed arrossì, e quando Alfonso se ne andò ella riprese a ricamare, ma per un istante chiuse gli occhi.
Le apparve allora un bellissimo principe alto e robusto, con due baffoni imponenti. Scese dal bianco cavallo, tolse il berretto e si inchinò davanti a lei... .che strano, che buffo, osservò Magna Gigna, il berretto non era altro che un ditale che gettava intorno mille riflessi cangianti. Forse era d'oro e d'argento, e nei cavetti tondi (i butteri) era tempestato di pietre preziose, e poi la spada, seminascosta dall' ampio mantello azzurro, non era altro che un ago, un grandissimo ago tutto d' oro, sorretto alla cintura da un fascio di fili dorati attraversanti la cruna.
Con gli ultimi bagliori delle illusioni giovanili lo battezzò: "il Principe dell' ago".
Magna Gigna riaprì gli occhi. Non poteva permettersi di sognare durante il giorno: con gli occhi chiusi non si ricama! Ormai Alfonso saliva da Torino a Borgone ogni settimana, sia per lavoro che per incontrare Magna Gigna.
Si sposarono nel '15, un mese prima che l'alpino Alfonso partisse per il fronte.
Il tempo di sposarsi, restare incinta e vedova fu un attimo.
Quando Attilio nacque, Magna Gigna aveva già ricevuto l'indennizzo per la morte del marito e subito lo aveva investito nell'acquisto della prestigiosa "Singer" a pedale.
Doveva badare ad allevare il piccolo e non fargli mancare nulla, così, oltre al ricamo, iniziò anche a cucire.
- Ho ricamato e cucito insieme l'ottocento ed il novecento - diceva a volte - e da sola!
Non volle mai risposarsi perché riusciva perfettamente a badare a tutto e poi aveva già un uomo per casa.
Il piccolo Attilio cresceva a vista d'occhio, come il tempo che volava via inesorabile, tra cucito e ricamo, tra momenti di sconforto (quante volte stringeva forte tra le mani il metallo della macchina per cucire quasi a trarre da esso la durezza e la forza necessaria per continuare ) e poi istanti di serenità col "suo Principe dell'ago", cui Magna Gigna confidava ogni suo più riposto segreto.
- Anche Attilio è un alpino della Cuneense ed è andato volontario in guerra - gli raccontò quella sera - ora è in Russia, sai ...c' è un fiume che si chiama Don... chissà se pare d'argento come la nostra Dora... è lontano, molto lontano... ma sicuramente tornerà.
- Non arrivò mai a Magna Gigna la comunicazione che suo figlio era morto al fronte come invece era avvenuto per Alfonso, ma solo una laconica notizia con cui veniva dato per disperso.
- Tornerà, oh se tornerà - ripeteva a chi le chiedeva notizie - però quel ragazzo è andato tanto lontano, la strada è così lunga... ma vedrete... ed io sarò qui ad aspettarlo.
Salivo spesso a Borgone a trovare Magna Gigna (avevo scordato di dire che era sorella di mia nonna Giuditta) ed ogni volta mi raccontava del suo tempo passato, tutto sviluppato attorno alle tre foto ben allineate in camera da letto: quella del matrimonio, di Attilio in divisa da sottotenente degli alpini, e quella del corso di cucito, con le altre allieve in posa dietro alla "Singer" a pedale.
Quando festeggiammo il centesimo compleanno di Magna Gigna, il Sindaco del paese le rivolse un augurio particolare, invitandola a "tener duro" ancora qualche anno, così si sarebbe potuta vantare di aver cucito insieme ottocento, novecento e duemila ma non solo, avrebbe addirittura cucito insieme anche i due millenni!
"Giusto il tempo che Attilio ritorni..." pensò lei.
Festeggiammo ancora, all' alba del duemila, la donna che aveva ricamato e cucito insieme tre secoli e due millenni... ed anche Attilio, come ella aveva sempre sostenuto, stava tornando.
Già da alcuni anni, infatti, di tanto in tanto arrivavano dalla Russia le cassettine di zinco con i resti di quei ragazzi che si erano smarriti lontano da casa...
Magna Gigna, seduta nell'ampia cucina che dava sul cortile... prese ad accarezzare quella minuscola cassa di zinco avvolta nel tricolore che un vecchio alpino con la penna bianca e la fascia azzurra le aveva messo lì accanto.
Erano venuti in tanti per il ritorno di Attilio: il Sindaco con la fascia tricolore, il parroco e tutti quegli alpini che erano schierati nel cortile e poi quello che stava suonando la tromba... Era una musica molto dolce... Magna Gigna aveva posato lo sguardo sul cappello di alpino appoggiato sulla piccola cassa; con mano tremante ne aveva accarezzato il feltro e si accorse che la "V" rovesciata e dorata da tenente era in parte scucita.
Trasse allora dal cestino da lavoro, quasi fosse stato un portagioie, ago, ditale e filo dorato per cucire per bene quei gradi sul cappello... ma... l' ago le parve essere diventato d'oro e... ed il ditale gettava intorno mille riflessi cangianti come d'oro e d'argento e nei cavetti tondi (i butteri) pareva tempestato di pietre preziose.
Nella fresca penombra della stanza Magna Gigna chiuse gli occhi. Quasi lo avesse chiamato, le riapparve il "suo Principe Azzurro" che 1'aveva accompagnata per tutta la vita. Egli la prese per mano e l'aiutò a salire sul bianco cavallo poi, lentamente, si allontanarono.