Gruppo Alpini di Arcade - Sezione di Treviso |
Premio letterario nazionale
Parole attorno al fuoco
IX edizione - Arcade, 4 gennaio 2004
per un raccolto sul tema:
"Genti, soldati e amanti della montagna:
storie e problemi di ieri e di oggi"
Primo classificato
L'ANGELO DEGLI ALPINI
di Marina Vio
Vicenza
Nell’accecante biancore nella neve, in mezzo al bosco di betulle spoglie, candide contro il piombo del cielo, tutto era immobile di una fissità tagliente come vetro. Ma il vetro si spezzò, e cadde una granata. Il Capitano urlò: "Alpini avanti!"
"Avanti! Avanti!" gridarono gli uomini come a trovare, nel suono di quel grido, la forza di procedere. E sparando, si gettarono fuori dal fossato verso la strada.
I russi, dall'altra parte, iniziarono a correre quasi volessero cercare lo scontro all'arma bianca.
Ma prima si capisse cosa accadeva, un’esplosione terribile scosse il terreno e sollevò la neve, le betulle e gli uomini. E dopo l'esplosione un’altra ancora.
"Ste zo! Ste zo!" urlò Toni ai compagni e si buttò faccia a terra. Ma una terza esplosione, ancor più forte, parve disintegrare il mondo attorno a lui: "Ost. ..che colpo!" gli venne da pensare. Poi non udì più nulla.
Appena si riprese, dopo un'ora o un minuto, disse tutto in un fiato: " Diobèll...Diobòn ...Stavolta ci macellano". Ma nessuno rispose: dalla neve veniva solo un lamento debolissimo.
Toni si tirò in piedi, si guardò attorno e vide tutti morti: il Capitano, il Bepi che erano insieme fin dal primo giorno, e tutti gli altri.
"Tosi!" disse senza speranza "In piedi, tosi!" Ma nessuno si mosse: solo il lamento continuava, ed era appena udibile.
E in quella Toni pensò ai russi e vide che non ce n'era in piedi neanche dei loro: cancellati, o scappati, lasciando i morti a terra. Ma uno tra i loro morti si lamentava e il gemito, straziante e disperato, ricordò a Toni che era un infermiere e aveva la croce rossa cucita sulla manica.
" Diobòn che rogna!” disse a se stesso "Mica che posso andare girandomi sui tacchi. Vado almeno a vedere!" E andò dal russo.
Quello era a terra come morto e buttava talmente tanto sangue da una gamba che presto si sarebbe dissanguato. Era un ragazzo giovane: la barba bionda e rada, sul viso del colore dell'avorio, gli dava un' aria ieratica, da santo e lo rendeva simile alla figura del Cristo che si vedeva in chiesa al suo paese: "Diobonìn!" disse Toni "Varda cossa me tòca vèdar: che i manda a far la guera i tosatèi!" Poi volto al russo esanime: "Sta bon Ivan, 'deso ghe pensi mi!"
E cominciò a fasciarlo.
Ma intanto, mentre era lì che lo fasciava, venne la fanteria in ritirata. E il Tenente, da lontano, gli gridò di scappare che i russi erano prossimi: "Fra poco" urlò "saremo sotto il fuoco dei cannoni".
Neanche si accorse che curava un russo.
Toni disse al ferito: "Toso, devo 'ndar via: voj salvare la ghirba!" Ma quando stava per andare, gliene mancò il coraggio perché sapeva bene che lasciato a se stesso lui moriva. Allora lo prese sulle spalle e si avviò pian piano sulla neve. Diceva tra sé e sé: "Mi ricordo: c'è un isba qui vicino. Lo porto lì e lo mollo perché, Diobòn, somiglia troppo al Cristo della chiesa perché io lo abbandoni. E’ un Alpino, è un Alpino: mica che lascia il Cristo sulla neve!".
Così, malgrado la fatica, camminava con quel fardello sanguinante sulla schiena come se portasse la croce.
Ma quando di lontano già intravedeva l'isba, tuonò un cannone e il colpo cadde poco indietro. Poi un altro colpo più vicino: "Diobèll!" disse Toni "Stavolta fioccano!" E non aveva ancora finito di parlare, che il terzo colpo lo sollevò per aria insieme alle betulle e al russo.
Quando ricadde al suolo, si trovò in una luce silenziosa, bianca come la neve e risplendente ancora più del sole senza ferire gli occhi. E, nella luce, c'erano due figure: un angelo bellissimo dalle candide ali vicino al russo e un altro, molto più grande, che stava davanti a lui e lo fissava con uno sguardo dolce e severo assieme.
"Alora?" chiese Toni.
"Alora devi dirmelo te cossa che feto qua: non dovevi morire!" gli disse l'angelo in dialetto. E Toni, a bocca aperta, vide che aveva le ali nere di penne d' aquila.
"Ost..." disse "che angelo! Neanche parla Talian!" E quello gli rispose: "Per forsa! Io sono l' Angelo delle Penne Nere...insomma, degli Alpini! Però non smoccolare. Se pol miga tirar mocoli davanti a un angelo!"
Toni si vergognò e chiese scusa.
"Comunque" disse l'angelo "Oggi l'hai fatta grossa: tu non dovresti essere qui, e il russo dovrebbe essere stato pronto pel viaggio e invece è vivo. Si era mica previsto che un Taliano desse la vita per salvare un russo... Mah! Con gli Alpini non si può mai dire! E alora?"
"Alora te ti sbagli: non sono mica morto! Parlo, ci vedo, neanche sento dolore e non ho freddo. Dunque…"
"Dunque sei morto, Toni! Credi, che me ne intendo. Ma il lavoro è il lavoro, e i piani erano differenti. Oggi toccava a lui, e non a te! Alora 'deso stai buono e ti addormenti, e lasci che io faccia questo scambio: prendo la vita a lui e la do a te".
"No!" disse Toni "No! Non se ne parla neanche! Non vedi che assomiglia al Cristo del paese? E poi è così giovane! No, non permetterò una cosa del genere!" e cercò di strappare il russo dalle braccia dell'angelo: ma non aveva forza.
L'angelo dalle ali bianche lo guardava con commiserazione e sorrideva: "Non puoi strapparlo al suo destino!" gli disse gentilmente "Né puoi sfuggire al tuo: devi tornare a casa e morir vecchio!"
"Diobonìn, no!" fece secco l'Alpino "Devo salvarlo! Non so perché, non so se è solo perché somiglia al Cristo o perché è giovane, o perché lo sento mio fratello, ma non posso permettere lo scambio: lasciagli la mia vita, e prendi me".
L'angelo degli Alpini, con le ali nere, si mostrò rattristato: "Toni" disse "e tua moglie? E i tosatèi, e la casa che è ancora da finire? E i to veci, i to campi e le sorele zòvani ..."
L'Alpino sospirò: "Bisogna che i se rangia! Hanno le vacche, le capre, le galline, le verdure dell'orto e roba da magnàr no ghe ne manca. lo ho il mio orgoglio di Alpino, e per uno che assomiglia al Signore io do la vita: chè el Signor l 'ha data lu par mi e voglio ricambiare, ost. ..!"
"Taci, non smoccolare!" gli disse severamente l'angelo "Non hai paura della morte?"
"Paura no" rispose Toni "Ma certo ci ho il timore di andar davanti a Dio e dirgli: sono qua! Abbi misericordia che peccati ne ho tanti!"
"E che peccati hai?" gli chiese l'angelo con le ali bianche.
"Tutti!" gli disse Toni "Tutti i peccati degli Alpini: ho fato bala, più volte. In chiesa non sono andato tanto: meno che in osteria. E dopo smoccolo... ma solo se mi incazzo!"
"Se è per quello" fece severo l'angelo con le ali nere "smoccoli anche se sei tranquillo, ma non è questo il punto: il punto è che non sarebbe la tua ora!" Tacque perplesso, e infine aggiunse: "'Deso ghe pensi su, e in ogni caso vedo che cosa si può fare! Te intanto speta!"
E Toni, sospirando, si mise ad aspettare. Un po' gli dispiaceva di non tornare a baìta, di non vedere i tosatéi, i veci e la mujera che stavano spetando, però nel cuore sentiva quel calore particolare che aveva avuto a volte nella vita: quando si era innamorato, quando era nato un figlio, quando aveva abbracciato la sua gente partendo per la guerra..."La guera" disse "l'é davero 'na bestia: e quei che manda i omeni a coparse, sono servi del diavolo!"
"Dici bene! " gli disse l' angelo con le ali bianche "E questo poveretto, questo ragazzo, se non era per te nemmeno la sperimentava, lui, la vita: non ha nemmeno fatto in tempo a diventare grande, che l'hanno mandato nella neve a morire!"
"Ma adesso, invece, la sperimenterà la vita?" domandò Toni sforzandosi di parlare Talian.
"Certo che la sperimenterà, la vita: e ce l'avrà bellissima! Si sposerà, avrà figli, diverrà un bravo medico e un giorno, non lontano, andrà in Italia a un raduno di Alpini per incontrare..."
"Me no mi può incontrare" sussurrò Toni piano, e lasciò giù una lagrima.
Ma in quella, l'angelo degli Alpini ritornò con una faccia scura.
Toni si fece forza e domandò: "Alora, 'ndemo?"
L’angelo disse: "No! Purtroppo c'è un problema: dove dovrei portarti, non c'è posto".
"Governo ladr..."
"Taci, che non sai cosa dici!" ribatté l'angelo "Di questi tempi, sono talmente tanti gli Alpini morti per la patria che, nel Paradiso degli Eroi, settore Penne Nere, è come in chiesa la notte di Natale: stretti come sardine! Dunque, non posso prenderti".
"E alora?" chiese Toni. La voce gli tremava di speranza e paura: un po' temeva per il russo, un po' sperava per sé...
"Alora va" gli disse dolcemente l'angelo "Alora torna a baita dai to veci, Toni!"
L'Alpino scoppiò in lagrime. Ringraziò, si aggiustò in testa il cappello con la penna nera che si era tolto per parlare con l'angelo, e dopo si avviò. L'angelo con le ali bianche gli mise sulle spalle il russo e disse a bassa voce: "Non è solo pel posto: è che il miracolo è possibile se c'è amore tra gli uomini, e soprattutto se accade tra nemici! Alora il Signore fa lui, e dona tanta vita da bastare per due. Non te l'ho detto? Ivan verrà al raduno degli Alpini per conoscerti! Ma adesso, Toni, torna a casa! Va a baita!" E con le dita, più bianche della neve, gli fece un segno sugli occhi.
Toni si addormentò. Si svegliò in un ospedale russo dopo due giorni. Si fece un paio d'anni di prigionia da tirare la cinghia, e infine tornò a casa.
Trentacinque anni dopo, Toni e il professor Ivan Stjorevic, medico insigne e famoso accademico, si abbracciarono alla stazione di Paderno e piansero commossi tutti due.
Probabilmente in cielo piansero anche i due angeli, perché piovve.